Città aperta

SONO tornati per ricordarci che ci sono e che non vogliono cambiare. Una parte marginale, va detto, molto marginale, ma quanto basta per trasformare la grande bellezza di Roma in un lurido campo di battaglia, quanto basta per cancellare l’illusione o almeno per far arretrare la speranza che questo paese possa cambiare davvero, quanto basta […]

SONO tornati per ricordarci che ci sono e che non vogliono cambiare. Una parte marginale, va detto, molto marginale, ma quanto basta per trasformare la grande bellezza di Roma in un lurido campo di battaglia, quanto basta per cancellare l’illusione o almeno per far arretrare la speranza che questo paese possa cambiare davvero, quanto basta per far giungere all’estero le immagini delle bombe carta, delle spranghe di ferro, degli assalti, degli scontri, di tutto quel che basta per far dire a chi ci guarda, a chi è in Europa in primo luogo: la solita Italia. Ieri più che mai, più ancora di quanto vedemmo in piazza San Giovanni, si è avuta l’autentica percezione della rivoluzione a orologeria, della provocazione cercata, dello scontro preparato, se è vero, com’è vero, che improvvisamente dopo un corteo definito tranquillo dai cronisti che lo seguivano, è spuntato il solito armamentario cui ricorre chi vuole cercare il morto. E se il morto non c’è stato, questo ancora una volta è un caso. E’ a questi metodi che si ricorre quando si vuole azzerare tutto, a questi metodi quando non si vuole trovare nulla di buono, a questi metodi che si ricorre per sfruttare parole d’ordine apparentemente legittime come il diritto alla casa per pescare nel torbido, a questi metodi che si ricorre per mettere in crisi un governo o per cercare di metterlo in imbarazzo, per dargli una spallata.

FINIRÀ che saranno fatti destinati alla cronaca nera più che a quella politica ma quel che conta è che ci hanno provato e sono riusciti ancora una volta a trasformare Roma, la più bella città, la più antica, l’Urbe, la città che ospita Papa Francesco, l’immortale, la capitale, quella che è capace di condizionare le giurie degli Oscar, in un campo di battaglia, nello sconvolgere un sabato pomeriggio affollato di cittadini pacifici che sciamavano nelle strade insieme ai turisti che si godevano la primavera. Di più.

GLI INCIDENTI hanno avuto come teatro luoghi simbolo come via del Tritone, la via dei giornali, piazza Barberini, con la sua magnifica fontana, e la sacra via Veneto, della quale basta citare il nome per risvegliare memorie dolci e lontane. Può darsi ci sia stato un eccesso di tolleranza nel consentire a questi provocatori di tentare di devastare luoghi che è assolutamente necessario siano tutelati, perché sono del mondo non nostri? A noi pare di sì ma non vogliamo sollevare polemiche che potrebbero fare il gioco di chi cerca il tanto peggio.

DI CERTO è stato un pomeriggio da dimenticare, la solita rivoluzione dei considetti antagonisti, vai a sapere chi siano e soprattutto chi ci sia dietro loro. Di certo abbiamo visto le solite scene, le solite cariche, le solite bandiere, i soliti falsi slogan che servono da copertura. Di certo stiamo parlando di frange marginali ma pericolose. Di certo però non è stato un Sacco di Roma, di certo quella guerriglia non ha fermato un bel niente e tanto meno la voglia di chi vuol cambiare davvero, non fingere. Di certo metteteli in galera, se lo meritano. E difendete Roma, che non può essere una città aperta ai vandali.