Un Paese piegato, con la sensazione di soccombere e in cui si è appannata la memoria, anche quella più incoraggiante e baldanzosa come il 25 aprile festa della Liberazione, si appresta a reagire per fermare una crisi economica che rischia di ucciderlo. Lo fa affidandosi alla guida di un uomo che non ha le caratteristiche del leader carismatico e che però ha un buon motivo per vincere: non può permettersi di perdere.

Dopo 60 giorni e una conduzione del dopo voto, in particolare da parte dei vertici della sinistra, a dir poco scellerata, siamo finalmente alla svolta che gli italiani aspettavano, l’incarico per la formazione di un governo possibile sorretto da una maggioranza larga e più larga sarà, benvenuta Lega, meglio sarà per tutti. Perché, lo abbiamo già scritto mille volte, la situazione è terribile e, almeno in questo caso Grillo ha ragione, la crisi è tale che ad autunno, se non vi porremo freno, rischieremo il tracollo totale.

Un governo che oltre alle intese larghe dovrà perciò avere anche le spalle larghe, perché il peso che dovrà sopportare sarà schiacciante. Un governo — non ancora nato e che già arranca nella scelta dei ministri — destinato ad affrontare gli scenari più complessi. Ma finalmente un governo politico, che restituisce ai partiti il ruolo che hanno perduto. Un’impresa affidata a Letta, nome già sentito — ma questo è Enrico del Pd non l’altro del Pdl — di un politico che non ha mai dato segni di smanie protagonistiche e non ha mai espresso semplificazioni filosofiche del tipo io sono io e voi non siete nulla, edulcorando il Grillo di Sordi.
Un uomo, Letta, che ha confessato di avere dubbi sulla possibilità di farcela ma che non vuole sottrarsi. Nei momenti drammatici come questi, quando si ha la sensazione di soccombere, non basta ragionare, c’è bisogno di passione, forza, temerarietà, capacità di ritrovare orgoglio. C’è bisogno di osare. Perciò è consigliabile non eccedere in umiltà come l’incertezza espressa sulla possibilità di farcela. Semplicemente dovrà farcela, come gli ha detto Napolitano. Pena tutti a casa.

Sono tempi in cui gli eventi ci sono sfavorevoli e solo la forza di volontà può rovesciare la sorte e volgerla in nostro favore. Non c’è bisogno di uomini della Provvidenza o peggio ancora di vorrei ma non posso. Serve saper cogliere la spinta che viene dal Paese, saper ascoltare il grido di dolore, questa volta non della retorica nazionale ma dei suicidi che si arrendono. Serve un governo che faccia ripartire l’economia. Altre definizioni di governo non ci servono e quella di governo di servizio non ci piace perché evoca porticine laterali e non portoni. Serve fermare la politica che ci ha ridotti così. Serve dimenticarci per almeno due anni le elezioni. Serve dimenticare i sondaggi. Perché questa è un’Italia che non avrà più un vincitore. Ma solo vincitori destinati a perdere come Bersani. E dunque o avrà tutti vincitori o tutti vinti. A questo ci ha ridotto una conduzione politica inetta.
Ci vorrebbe un 25 aprile per liberarcene.