Leonardo Sciascia e Renato Guttuso erano entrambi del Pci, anzi lo furono fino ad un certo punto, perché poi Sciascia se ne andò con i radicali. Epperò nonostante fossero dello stesso partito capitava spesso che litigassero. Capitò anche verso la fine degli Anni Settanta, quando Sciascia per appianare la cosa ebbe l’amabile idea di inviare all’altro una lettera nella quale ricordò che un suo concittadino usava tagliare le discussioni con una frase, che voleva dire tutto e nulla. Diceva: «Siamo d’accordo ma la pensiamo diversamente», ci rideva sopra e non ne parlava più. «L’affermazione — chiosava lo scrittore nella missiva all’amico-nemico pittore — è molto più sensata di come a prima vista appare. Anche noi, caro Renato, siamo d’accordo su tante cose: ma la pensiamo diversamente. Contentiamoci dell’essere d’accordo su qualche punto. E continuiamo, finché si può, a pensarla diversamente». Quel «finché si può» durò poco, perché di lì a poco, ovvero durante il rapimento Moro, la rottura tra i due fu definitiva e Sciascia se ne andò nel partito radicale sbattendo la porta, come ricorda Andrea Camilleri, che fu presente alla scenata. Uscì e gridò: «Tutti cusì siete voiauti communisti, meglio il partito della verità e dell’amicizia!».

L’episodio induce a trovare qualche affinità con il presente Pd e con il modo in cui si è conclusa la sfida tra Bersani e Renzi. I due sono d’accordo ma la pensano diversamente e per quanto tempo ancora possano andare d’accordo pur pensandola diversamente è difficile dire. Certo, Renzi è stato sonoramente sconfitto ma anche dopo averlo sentito nell’indomato discorso della resa, «ho perso ma non è finita», non mi pare credibile che possa rimanere a lungo un alleato docile. Quanto duri la pace dipenderà dalla sua capacità di aspettare, visto che il tempo lavora per lui avendo un’età decisamente inferiore a quella del leader e dipenderà anche dalla capacità di Bersani nel realizzare quel che ha dichiarato come suo primo impegno, ovvero rinnovare la politica della sinistra e svecchiare il partito. Certo l’altra sera faceva un certo effetto la monopolizzazione televisiva della vittoria da parte di Rosy Bindi, che può avere delle qualità ma non quella di risultare come un volto nuovo della politica e della sinistra.

Dunque aspettiamo Bersani all’opera, lo aspetta soprattutto la sua roccaforte che è Bologna con tutta l’Emilia-Romagna, la regione che gli ha riversato una valanga di voti se è vero che nel monolito delle regioni rosse è l’unica che non ha avuto dubbi nella doppia prova delle primarie e qui Bersani ha avuto un consenso che si è avvicinato in modo spericolato a quota 70 per cento. Voto bulgaro, direbbe Renzi.

E di Renzi che resterà? Certe incomprensioni, anche in una città come Bologna che non l’ha mai visto con eccessivo favore, sono state rimosse, ha dimostrato di essere un combattente vero e di avere la stoffa del politico. L’altra sera, quando tutti i suoi erano mogi parlava a braccio dicendo cose che sarebbero state capaci di commuovere i cuori più duri, soprattutto sotto l’effetto di quella frase «stasera tornando a casa dai vostri bambini…», che echeggiava, senza alcuna modestia, Papa Matteo, il famoso discorso di Giovanni XXIII, «stasera tornando a casa, date una carezza ai vostri bambini…». Quelli che ascoltavano avevano il nodo alla gola ma lui è rimasto impassibile, anzi ha persino finto di commuoversi passandosi un dito vicino all’occhio, che era perfettamente asciutto, prova di cinismo vero, ma anche di essere un animale politico di razza. Male che gli possa andare, farà quello che fece Sciascia: andrà in un altro partito.