A BOLOGNA è successo che un maturo professore ormai in là con la calvizie si sia invaghito, anzi abbia proprio perso la testa per una bella signora, tanto avvenente quanto perfida, e che l’innamorato pur di possederla sia stato disposto a intestarle case e terreni per una dozzina di milioni. Il risultato è stato che il maturo professore ha dilapidato il patrimonio raccolto nella sua vita e in quella dei suoi laboriosi antenati e che però l’amata ora con una scusa ora con un’altra ha sempre rinviato l’appuntamento d’amore fino al giorno in cui gli ha detto: grazie dei doni e addio.

Non saprei dire perché ma quel corteggiatore in là con la calvizie mi ha fatto subito pensare a Pier Luigi Bersani, soprattutto dopo averlo sentito ripetere con mia grande sorpresa _ pensavo si fosse rassegnato! _ che lui non ha perso la speranza e che è ancora lì ad aspettare Grillo perché si realizzi il sogno della sua vita, ovvero un ménage tra il Pd e il Movimento a 5 Stelle. Il ritorno di fiamma tanto imprevisto quanto distruttivo c’è stato a seguito dell’ipotesi per niente peregrina che i grillini si scindano in due parti.

EPILOGO che consentirebbe all’eterno spasimante Bersani di congiungersi se non in uno sconveniente ménage à trois in una più borghese coppia di fatto con uno dei due tronchi, per la costituzione della quale sarebbe disposto a far saltare il matrimonio di interesse con il Pdl. Ma come tutti i tentati da una romantica idea di fuga ha subito addebitato all’altro la responsabilità della rottura nella coppia. Premessa che sarebbe la condizione per realizzare il mitico ‘governo del cambiamento’,

ovvero quella chimera che ha costretto il nostro Paese a rinviare di un paio di mesi il varo di un governo, prima che Napolitano perdesse la pazienza e invitasse l’illuso Bersani a farsi da parte.

LO STUPORE nel vedere riproporre una maggioranza con quel che resta dei grillini è pari allo sgomento che suscita un percoso politico dissennato che ha portato il Pd a disperdere i risultati di una vittoria nelle politiche non travolgente, ma molto più cospicua del pur fortunato risultato del ballottaggio di domenica. Ma il punto è un altro e riguarda la leggerezza con cui il segretario del Pd tratta il governo Letta, lambiccandosi il cervello con fantasie che non suonano né come segno di rispetto né di attenzione verso l’attuale premier. Un comportamento che mina la stabilità politica senza la quale è destinato a fallire qualsiasi piano di risanamento dell’economia e dell’occupazione, a cominciare da quello che Letta ha presentato ieri.

CHE POI Bersani sia disposto a rimpiazzare un consolidato schieramento politico dell’area moderata che ha saputo essere protagonista per vent’anni con un’Armata Brancaleone che in pochi mesi ha dilapidato una strepitosa vittoria, senza concludere nulla se non litigare e farsi dare la presidenza della commissione vigilanza Rai (capirai!), la dice lunga sulla somiglianza che c’è tra Bersani e il professore di Bologna.

di Giovanni Morandi