Benedizioni elettorali

LA VISITA del Presidente della Repubblica Napolitano a Washington ha il solo limite di apparire appena un po’ simile ai pellegrinaggi dei capi democristiani che andavano alla Casa Bianca per ricevere la benedizione del Presidente degli Stati Uniti, quando quei viaggi suonavano come moniti contro possibili vittorie dei comunisti, eventualità che doveva essere scongiurata in […]

LA VISITA del Presidente della Repubblica Napolitano a Washington ha il solo limite di apparire appena un po’ simile ai pellegrinaggi dei capi democristiani che andavano alla Casa Bianca per ricevere la benedizione del Presidente degli Stati Uniti, quando quei viaggi suonavano come moniti contro possibili vittorie dei comunisti, eventualità che doveva essere scongiurata in ogni modo. La sola differenza è che questa volta il viaggio oltreoceano, secondo i suoi detrattori, sarebbe stato usato non già contro i comunisti ma contro colui che dell’anticomunismo ha fatto il suo cavallo di battaglia: Silvio Berlusconi. Vista in questa chiave leggermente provinciale, ma, va detto anche molto vicina alla realtà, la politica estera italiana appare come ben poca cosa e del resto non si capisce come possa apparire diversamente se si pensa alla pessima figura che abbiamo fatto con i marò e ancora peggio, per certi versi, con l’annunciata, poi ritirata, partecipazione alla guerra in Mali, dichiarata dai francesi. Per fortuna che c’è stato il ripensamento che ci ha evitato un disastro come quello, che ci siamo andati a cercare in Libia quando abbiamo dichiarato guerra ad un capo di Stato con cui avevamo firmato un patto di amicizia un mese prima.

SAREBBE meglio che la politica italiana si concentrasse sulle questioni interne, ad esempio sul saccheggio dovuto all’Imu, tanto per fare un esempio, subìto non solo dai privati che a fatica si sono comprati una casa, ma anche da artigiani, industriali, commercianti, albergatori che a causa di questa imposta hanno visto seriamente diminuire le possibilità di sopravvivenza. Il pensare che basti la foto di una stretta di mano con il Presidente degli Stati Uniti o di un altro capo di Stato o di governo a spostare voti è un errore. Con questo non si vuol indicare come un errore quel che ha detto Napolitano, quando a latere dei colloqui con Obama, ha fatto cenno alle preoccupazioni per certi contenuti della campagna elettorale del Pdl, che si è dissociato dall’azione del governo Monti, o ai suoi timori di una nuova probabile Tangentopoli.

Parlare di questioni interne, che hanno poco di edificante durante una visita ufficiale in un altro Paese, non è mai una cosa buona e giusta e neanche questa volta lo è stato, al di là delle intezioni, ammesso che siano state dichiarazioni indotte da un irrefrenabile impulso. Che si parli poi di nuova Tangentopoli sembra almeno un errore di valutazione, perché chi abbia una minima conoscenza delle cose italiane sa benissimo che quella che ha portato ad arresti eccellenti in questi giorni e anche ad altre vicende giudiziarie, non è una Nuova Tangentopoli ma la solita Tangentopoli, che non è mai finita. Semmai dovremmo disquisire sull’opportunità di lasciare in mano ai magistrati questioni che riguardano determinati interessi come quelli legati alla difesa, che in altri paesi, come gli Usa ma non solo, hanno la tutela del segreto di Stato, essendo settori che hanno a che fare, tanto per dirne una, con la politica estera e dunque con interessi strategici dello Stato. Invece da noi queste ovvietà non hanno coperture, anzi diventano ottimi argomenti, come i viaggi all’estero, che si spera contribuiscano a raggranellare qualche voticino. Che poi così facendo si demoliscano le basi dello Stato questo è un problema del tutto secondario.

di Giovanni Morandi