C’è qualcosa che rende diversa questa crisi: l’incrollabile ottimismo degli italiani, i quali sperano che Renzi sia diverso dagli altri. Non penso tanto al sospettabile consenso che il segretario del Pd ha ricevuto in modo plebiscitario dalla nomenclatura del partito, attratta più che da motivi di simpatia o convinzione da quelli della convenienza a farsi traghettare lontano dal voto anticipato. Renzi si trova, per queste fortunate circostanze, a coronare il suo sogno: governare l’Italia e dimostrare di saperlo fare. È di un’ambizione notevole e che un maledetto toscano possa rivelarsi l’uomo della provvidenza è quel quid, da cui per prudenza conviene astenersi ma che per disperazione non escludiamo. Più affondiamo più confidiamo che qualcuno sia capace di tirarci fuori dai guai.

La diversità di questa crisi si esprime anche nell’attesa, nella curiosità per meglio dire, di conoscere quali saranno i nuovi ministri e nell’immaginarceli superiori per capacità e risultati a quelli che sono passati finora, immaginandoli e sperandoli risolutivi, dinamici, anticonformisti, non dogmatici, non faziosi. È difficile pensare che la diversità del prossimo governo possa esaurirsi nella personalità del primo ministro senza che questi abbia accanto una squadra che sia simile a lui, in capacità e determinazione. Perfino in fantasia. Non risulta infatti particolarmente problematico condividere con Renzi che la situazione in cui siamo finiti sia una palude e che da questa si debba uscire non con le parole, ma con i fatti: il taglio delle tasse, l’aiuto alle aziende per ripartire e ridare posti di lavoro, la lotta alla disoccupazione, allo Stato burocratico e naturalmente la riforma elettorale e istituzionale, abolizione del Senato compresa.

Immaginiamo perciò, perché l’ottimismo è sempre stato il nostro lato debole, che i prossimi saranno ministri che sapranno ascoltare, non tecnici presuntosi o al comando di, ma, soprattutto, alla guida dell’economia, uomini che sapranno ascoltare le aziende e il mondo della produzione. Che Renzi sia un decisionista non è un male, che l’aggettivo ricordi Craxi e il suo progetto di modernizzazione del Paese, progetto che fallì non interamente per colpa sua, anche questo non è un male. Che Renzi voglia chiudere la crisi in tempi lampo contro i tatticismi di Alfano anche questo non può essere che un bene. Se oggi tutti vogliono salire sul carro del vincitore non ci stupisce. Per buttare di sotto gli imbucati c’è tempo. L’importante è partire. Siamo disposti a credere che il governo Renzi non sia una staffetta perché si propone orizzonti e ritmi non paragonabili a quelli che si era dato chi ha portato il testimone prima di lui. Se il governo sarà di legislatura tanto meglio ma non sarà poi questo il metro per giudicarlo. C’è bisogno di un governo subito e che sappia decidere. Ci imponiamo di credere che Renzi sappia esserlo. Ci riserviamo di ritirare, se saremo delusi, questa fiducia.