Arrivederci a Reggio Emilia nel 2061 per i duecento anni dell’Unità d’Italia. Questo saluto rivolto con la certezza che l’appuntamento non verrà mancato è il dato che indica più di ogni altro accenno la sicurezza che fa dire a Monti che anche questa volta ce la faremo. Sarà che questo sia un governo di tecnici ma quello che il premier ha fatto a Reggio è stato un discorso tutto politico e tutto proiettato sui grandi valori etici e politici da recuperare, senza i quali non c’è manovra che rimetta i conti a posto.

Ha ragione Andreotti quando dice: attenti, tutto vi perdoneranno meno di essere bravi. Essere bravi è una colpa quando i mediocri prevalgono, perché la bravura mette in risalto la loro pochezza, quale colpa potrebbe essere peggiore? Ma Monti vola alto e sia i risultati di Parigi che i suoi prossimi appuntamenti europei per trovare una linea comune che superi gli egoismi pangermanici fanno venire in mente altri viaggi storici dei grandi del nostro passato, per ritrovare i quali bisogna scavalcare le epoche. Penso a De Gasperi e a Einaudi.

Mi pare sia stato un autogol quello della Padania, che proprio alla vigilia di Reggio Emilia ha voluto citare un uomo che certo non le appartiene e che nel ’21, quando c’erano altre crisi, disse che i professori sono burocrati inadatti a legiferare. Peccato, per la Lega, che questa convinzione sia stata espressa da un economista professore della Bocconi come Monti. Questi non si è perso in dettagli, ha detto con convinzione che quel che c’era da fare è stato fatto, che per rimettere i conti a posto non si poteva fare altro e che tutto va fatto per il bene dell’Italia e dei nostri figli, ed è stata una colpa non aver provveduto prima.

Non c’era un intellettuale tormentato e dubbioso a parlare a Reggio, ma un uomo sicuro di sé, che ha dichiarato la giustezza anche delle operazioni della Finanza, che mirano a proteggere quelli che le tasse le pagano da quelli che non vogliono che si metta loro le mani in tasca. E’ duro vivere in questa Italia ma è una consolazione ascoltare discorsi di questo tenore. Ne abbiamo bisogno. E ripenso al professor Einaudi che diventò senatore e poi Presidente della Repubblica. Ma questo la Padania non l’ha detto.