LE CASSANDRE non sono mai simpatiche, ma quasi sempre è un errore non ascoltarle. E anche in questo caso le Cassandre forse possono apparire rigide, inflessibili, magari anche poco tolleranti, a me però non sembra, epperò, nel caso, hanno buoni motivi per esserlo. Per capire che piega potrebbe prendere la protesta No Tav, quelli che hanno conosciuto gli anni di piombo sanno benissimo a quale periodo riferirsi. Da tempo nelle università scorazzavano i vari gruppi extraparlamentari e prima ancora il cosiddetto movimento studentesco. Era l’inverno del ’77 o forse l’anno prima, mi pare gennaio, febbraio. E come una vampata le facoltà vennero occupate dai cosiddetti indiani metropolitani. La stampa e anche l’opinione pubblica ebbero nei loro confronti un atteggiamento di simpatia, perché erano molto fantasiosi, perché erano diversi, perché non erano ortodossi, perché rappresentavano una voglia di libertà e di anticonformismo espresso anche dai loro pensieri. «Sono un comunista da piano bar», era uno dei tormentoni e messo in quei termini poteva forse suscitare allarme?
FU UN ERRORE quella simpatia. Ed è quella stessa simpatia che intravedo oggi nei resoconti di certi cronisti e anche in parte dell’opinione pubblica verso quei «ragazzi», li chiamano «ragazzi» e sono quelli che da vent’anni, ormai qualcuno di loro è diventato nonno, fanno il diavolo a quattro per impedire la costruzione di una galleria di 13 chilometri, tratto fondamentale di un’opera gigantesca per il trasporto intercontinentale da oriente ad occidente. C’è forse una proporzione tra l’idea di congiungere il mondo e i piccoli fantasmi dei valligiani e di chi li affianca, che si sono perfino inventati che quella galleria fa venire il cancro?

SUCCESSE TANTI ANNI fa che in poco tempo quei simpatici ragazzi degli indiani metropolitani all’improvviso sparirono. Si dettero alla macchia, entrarono in clandestinità e riapparvero sotto forma di commando terroristico. Non tutti, è evidente, ma quanto bastò per temere che arrivassero a colpire il cuore dello Stato. Sarà che la storia non si ripete forse si ripete, chi lo sa, ma c’è una preoccupante somiglianza tra quei giorni annebbiati da una miope superficialità e questi.