È PASSATA solo una settimana dalla nascita del governo Letta e già sono ricominciati i giochini, sempre che si siano mai interrotti. Letta fa ricorso al massimo della sua fiducia, anche perché oltre che ad averne bisogno per uso personale ne deve distribuire agli italiani che sono in crisi di astinenza, e perciò il neopresidente del consiglio dichiara che ormai sono diventati una unica vera squadra, alludendo a quella coalizione, che passa sotto il nome di larghe intese, formula impresentabile e impronunciabile fino a quando Napolitano non ha fatto la sonora sfuriata davanti alle Camere riunite quando ha richiamato le forze politiche ad un senso di responsabilità fino allora ignorato.
Letta pensa che la squadra sia compatta e unita ma la sua convinzione s’incrina guardando al tempo sprecato attorno al giochino che più di ogni altro piace agli uomini del Palazzo, il gioco delle poltrone, che è poi quello che ha impegnato di più in questa settimana. Il mercato delle poltrone, per decidere chi deve occupare questo o quel posto, secondo il Manuale Cencelli che dalla Prima alla Seconda Repubblica ma forse siamo scesi in Terza, insegna a fare le divisioni, assegnando una poltrona a te e l’altra a me.
COSÌ ai volenterosi ministri si sono aggiunti una quarantina di sottosegretari, senza che l’argomento abbia suscitato particolari avversioni, financo tra i più innovatori, nonostante che il termine stesso di sottosegretario sia associato a discutibili forme di esercizio del potere, inteso come attività del sottobosco politico. Ma tant’è la questione è filata via liscia e nessuno ha avuto più di tanto da ridire sul fatto che ne siano stati messi insieme una quarantina. Così tra una poltrona e l’altra sono passati i giorni mentre il tassametro continuava a girare, segnando un indice delle tasse in inarrestabile salita e l’ indice dei redditi in inarrestabile discesa, con dati della disoccupazione in spaventosa crescita, 12,4 per cento, e quelli dei consumi in precipitoso crollo fino a tornare ai numeri di trent’anni fa.

SU QUALI siano i veri problemi su cui impegnare il governo, Letta probabilmente una risposta ce l’ha. Ma stando all’opinione prevalente del Pdl e del Pd, che pure allegramente o sommessamente litigano come accade in tutti i matrimoni di necessità, la questione più urgente da affrontare, dopo la nomina dei ministri, dei viceministri e dei sottosegretari, è quella delle presidenze delle commissioni della Camera e del Senato, una trentina in tutto, e della Convenzione che si occuperà della questione istituzionale.
Siamo parlando, tanto per riassumere, di un’allegra brigata composta da una ventina di ministri, una quarantina di vice e sottosegretari e una trentina di presidenti di commissioni. Poi dicono che i parlamentari sono pochi. In rapporto alle poltrone da spartire semmai sono pochi.
Questo è lo spettacolo che stiamo guardando. Forse inevitabile ma lontano e insultante per i cittadini, avvilente e vecchio, da mercato delle pulci. Dove non si vedono volontà riformatrici. E che non vede che la crisi è diventata una bomba sociale.