SE PRIMA qualcuno non l’aveva capito, ora non avrà più alibi. In Emilia è emergenza vera, una situazione senza precedenti, anche se c’è sempre qualche storico pronto a ricordarci che i terremoti nei secoli dei secoli sono stati di casa da queste parti o magari qualche sismologo che dice: «Io l’avevo detto». In situazioni di questo tipo bisogna stare attenti a non perdere tempo in chiacchiere inutili e falsi problemi, avendone tanti veri. Come quello che riguarda la strage degli operai, che certamente è il dato che risalta anche in questa seconda ondata sismica e che dipende soprattutto dal fatto che nelle fabbriche che erano state danneggiate, ma anche in quelle in perfette condizioni, come ogni mattina c’erano gli operai a lavorare e quando è arrivata la scossa per loro è stata la fine. La lezione ci insegna che questi capannoni industriali sono costruiti con una concezione che punta alla praticità e probabilmente alla velocità di realizzazione ma non alla sicurezza, o almeno non in modo adeguato. Ma da qui a dire che sono stati mandati a morire ce ne corre.
DOVRANNO essere valutate le responsabilità caso per caso, tutto qua. Non ne facciamo un argomento per sollevare polemiche. Evitiamo di strumentalizzare i morti per favore, almeno questo. Poi c’è la ricostruzione e ci sono le case da rifare, ma forse la cosa più urgente è rimettere in piedi l’economia, perché senza lavoro non si vive o si vive male, come questo anno orribile ci ha fatto capire anche prima del terremoto. E francamente non c’era bisogno del terremoto per complicarci ulteriormente la vita. Serve un piano di salvataggio per aiutare l’Emilia a riprendersi presto e bene, e, lo ripetiamo anche ora con tutti i rischi che quel ‘presto’ comporta, perché ogni giorno che passa nell’inerzia è un danno che ricade su tutta la comunità nazionale. Poi ci sono tutti i problemi di tutti i terremoti. Gli sfollati, le case e i monumenti distrutti. Cose che conosciamo bene noi, che abitiamo in questo Paese, che ci fa dannare ma che è pur sempre il più bello del mondo. L’Emilia ha aiutato tante volte chi aveva bisogno. Ora è lei che chiede aiuto. Aiutiamola.