QUALCHE ANNO FA, quando non era più premier, mi è capitato di avere Giuliano Amato come vicino d’ombrellone, ad Ansedonia. Ricordo, come fosse ieri, questo austero signore, molto minuto, con gambe mingherline che spuntavano da mutandoni troppo grandi per lui, che, con aria professorale, conversava sulla riva del mare. Un vero e proprio cattedratico, come Mario Monti e forse anche di più. Lo confesso: il Dottor Sottile non mi risultò particolarmente simpatico, ma ebbi, comunque, modo di apprezzare la sua grandissima cultura e la facilità con cui sapeva affrontare qualsiasi argomento. Oggi, nella corsa a Palazzo Chigi, è stato bruciato da Enrico Letta al “fotofinish” e, sinceramente, me ne dolgo. Il Presidente Napolitano, con i suoi 88 anni d’età sulle spalle, ha voluto dare fiducia a un giovane come Letta – e, di questi tempi, è un fatto molto positivo -, ma sono convinto che Amato sarebbe forse stato in grado di affrontare meglio l’emergenza.

COME nel 1992 e più del 1992. Allora il premier salvò la liretta ricorrendo a una maxisvalutazione della nostra valuta, all’interno del Sistema monetario europeo, che risultò provvidenziale per la nostra economia e per il “made in Italy”. Fu anche protagonista di un raid notturno non molto gradito agli italiani: ci trovammo, nel giro di poche ore, con i conti correnti bancari più leggeri per via del famoso prestito forzoso. Quella notte, lo mandammo beatamente a quel paese, ma, a posteriori, lo dobbiamo ringraziare perché, effettivamente, quel colpo di mano ci consentì di passare “a ‘nuttata”. Oggi la notte è ancora più buia e tempestosa di quella di 21 anni fa, ma Napolitano ha preferito ricorrere ad altri, forse perché terrorizzato di insistere con i professori alla Monti che, nell’ultima parte del suo mandato, ha deluso tante speranze riposte in lui. E, quindi, largo alla gioventù e, in tal senso, il nipote di Gianni ha tutte le carte in regola essendo anche stato, alla guida del Ministero dell’Industria, il ministro più giovane della Repubblica.

CREDO che sulla scelta di Enrico – che era, fino all’altro giorno, il braccio destro del tanto vituperato Bersani – abbia anche influito la necessità di fare digerire ai parlamentari pd più radicali la necessità di dare vita a quel governo di larghe intese con il Pdl e Scelta Civica che è visto come il fumo negli occhi. In tal senso, il premier incaricato può essere una carta, forse, più spendibile di Amato. Ma oggi l’importante è il risultato finale della sfida: se il Dottor Sottile poteva dare più garanzie, come lo è stato Napolitano con la sua riconferma al Quirinale, Enrico Letta appare una vera incognita. Speriamo bene: le sue prime, deboli e incerte parole non promettono granchè.

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