MILANO ferita e umiliata. le immagini che sono andate in onda ieri pomeriggio su tutti i tg hanno gettato una luce sinistra sul salotto meneghino: auto distrutte, negozi incendiati, dense colonne di fumo che si levavano sui palazzi del centro, black bloc assolutamente mimetizzati che, come un’orda di unni, distruggevano tutto quello che c’era al loro passaggio. Bombe carta, molotov e barricate, undici feriti lievi tra carabinieri e agenti della polizia, cinque arrestati. Se questo è il domani dell’italia, come aveva dichiarato poche ore prima all’inaugurazione di Expo, il premier Matteo Renzi, meglio restare a ieri o all’altro ieri del Belpaese che, in realtà, sta diventando sempre pù brutto. Una devastazione, per giunta, quasi annunciata: cosa hanno fatto il ministro dell’Interno Angelino Alfano e tutte le autorità preposte per evitare un simile scempio? Adesso abbiamo davanti sei mesi di kermesse con venti milioni di turisti attesi: non possiamo più consentirci il permissivismo del pomeriggio di fuoco appena archiviato…

QUESTO 1° maggio, festa del lavoro, doveva essere, in effetti, trionfale per la metropoli lombarda e la regione inter: dopo tante polemiche, ritardi, errori e malversazioni, la città della Madonnina diventava finalmente capitale del mondo. Eravamo sotto i riflettori dei cinque continenti, ma dopo le immagini trionfali del mattino, siamo stati capaci di imbrattare tutto allo stesso modo dei muri vicino a Piazza Castello. E’ andata in onda la vergogna. Uan giornata stranissima, quella di ieri, che non auguro a nessuno. A mezzogiorno c’era stato l’orgoglio di essere italiano: avevamo compiuto un vero miracolo. Solo un mese fa, avevo visitato il sito dell’Expo, assieme al commissario Sala,toccando con mano i tanti ritardi rispetto alle tabelle di marcia, ma nel giorno dell’inaugurazione, molto, moltissimo era stato recuperato, anche se, qua e là, ci sono ancora cantieri aperti. Alel cinque del pomeriggio, quello stato d’animo si era dissolto e tutto è diventato plumbeo, come la pioggia autunnale di una primavera che non c’è.

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