DI QUESTI TEMPI, la corruzione corre sul filo del rasoio – o, meglio dell’orologio – nel senso che, rispetto a Tangentopoli, basta poco, soprattutto a un politico, per finire nell’inferno delle accuse e dei sospetti. Non avrei mai immaginato di vedere il ministroMaurizio Lupi, l’ex sottosegretario Rocco Girlanda e Stefano Saglia, in qualche modo, tirati in ballo nell’ultimo filone dei tanti scandali italiani sugli appalti pubblici. C’è anche, in fondo, un aspetto positivo: se 20 anni fa giravano buste e copiose mazzette, oggi la corruzione è molto più sottile e borderline, ma è sempre facile precipitare nell’occhio del ciclone. C’è un confine tra ciò che è eticamente ancora lecito e quello che è fango? La domanda è più che mai legittima dopo avere letto le risposte del ministro delle Infrastrutture in una intervista. Afferma che se l’ingegner Stefano Perotti, finito in carcere per induzione, corruzione e turbativa d’asta, l’avesse regalato direttamente a lui, non avrebbe accettato il Rolex da 10mila euro dato, invece, al figlio in occasione della sua laurea (un consiglio a tutti i figli di papà: accettare solo stilografiche e cartelle in pelle ecologica). Ma poi il ministro non sembra avere nulla da eccepire sul particolare che Lupi junior fosse andato a lavorare dallo stesso Perotti. E neppure sugli abiti su misura di sartoria ricevuti anche dal suo “entourage”. Il problema, però, non sono solo il Rolex e il resto, piuttosto la conferma che il ministro ha fatto fuoco e fiamme per difendere il supermanager Ercole Incalza, l’altro arrestato. Gli ha pure detto: «Per te faccio cadere il governo». Lo stesso governo che proprio adesso vara la legge anticorruzione: altre norme che vanno ad aggiungersi a quelle già esistenti che non hanno sortito effetto alcuno. Una caterva di regole che mostrano, in tutta evidenza, la debolezza di una classe politica alla mercè degli uomini in grigio del Palazzo e della lobby dei grandi affari. In ogni caso, dopo la legge anti-corruzione sarebbe bene che il governo ponesse mano anche al problema intercettazioni: le parole sono pietre e vedere pagine su pagine di conversazioni, spesso ininfluenti da un punto di vista penale, che sono offerte in pasto all’arena prima di un giusto processo, mi ricorda tanto quei processi sommari dell’Inquisizione. È giustizia questa?

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