Un anno da spread

VENERDÌ SERA il premier Letta ha detto solo una mezza verità agli italiani. Si è preso, infatti, tutti i meriti dell’indubbia “performance” dello spread che è sceso sotto quota 200 rispetto al Bund tedesco, tornando ai livelli del 2011. In realtà il calo del differenziale è dovuto, almeno in parte, a qualche difficoltà della Germania che […]

VENERDÌ SERA il premier Letta ha detto solo una mezza verità agli italiani. Si è preso, infatti, tutti i meriti dell’indubbia “performance” dello spread che è sceso sotto quota 200 rispetto al Bund tedesco, tornando ai livelli del 2011. In realtà il calo del differenziale è dovuto, almeno in parte, a qualche difficoltà della Germania che è, ora, alle prese con problemi economici non molto diversi dai nostri. Mal comune, mezzo gaudio, dunque. Ma al di là delle motivazioni interne – in particolare la risalita delle nostre esportazioni manifatturiere – è indubbio che la discesa dello spread è una buona notizia per il Belpaese, senza che diventi una questione di vita e di morte come è successo in passato. È una boccata d’ossigeno, che si potrebbe tradurre, se il “trend” verrà mantenuto, in un risparmio di 4-5 miliardi nel 2014 e di una quindicina nel lungo periodo, dovuta soprattutto alla riduzione degli interessi che si debbono pagare sui prestiti.

SE PENSIAMO alle difficoltà dell’autunno scorso, quando il governo aveva fatto fatica a rastrellare un misero miliardo di euro per evitare il pagamento della seconda rata dell’Imu sulla prima casa, è vero che, per l’Italia, potrebbe aprirsi un nuovo scenario.

L’ANNO è iniziato, infatti, economicamente parlando, con il sole, nonostante le condizioni meteorologiche degli ultimi giorni, dopo una tempesta che è durata, con alti e bassi, dall’autunno del  2008. Due i fatti che hanno riscaldato il Paese nella settimana che si conclude oggi: oltre allo spread che cala, c’è stato anche l’annuncio che la Fiat ha acquisito il 100 per cento della Chrysler. Trattasi, anche questa, di una buona novella: dopo essere stati colonizzati, per tutto il 2013, dalle grandi firme estere che hanno fatto man bassa del “made in Italy”, ecco, finalmente, un’acquisizione controcorrente, con la casa automobilistica di Torino, da sempre capostipite della nostra dinastia imprenditoriale, che va a prendersi l’intero pacchetto del marchio storico di Detroit, proprio nel tempio americano delle quattro ruote.

INSOMMA, si avverte un’aria di riscossa che si è subito riflessa in Borsa dove diversi titoli hanno fatto scintille.

Ma stiamo davvero voltando pagina? È ancora prematuro affermarlo senza tema di smentite: già in passato abbiamo assistito a schiarite, rivelatesi poi di breve durata, che hanno fatto presto posto a grigi nuvoloni. Mi sembra, quindi, sbagliato l’atteggiamento quasi trionfalistico del presidente del Consiglio che è andato in televisione – lui, di solito così dimesso -, con il petto in fuori.

Un pizzico d’ottimismo va bene, ma senza esagerare. Il quadro congiunturale è, in realtà, tutto in evoluzione. E le delusioni sono, purtroppo, sempre dietro l’angolo.

giancarlo.mazzuca@ilgiorno.net