PARLARE a nuora perché suocera intenda. La levata di scudi degli ormai ex ministri pidiellini contro il direttore del “Giornale” Alessandro Sallusti per il suo editoriale di ieri da loro considerato assolutamente intimidatorio, mi ha fatto venire in mente quel vecchio adagio popolare: in questo caso, la nuora è Sallusti, mentre le suocere sono la “falca” (o “pitonessa”) Daniela Santanché, compagna del giornalista, e Silvio Berlusconi, fratello dell’editore del quotidiano.

IN EFFETTI, il fondo al vetriolo del direttore pareva quasi una resa dei conti all’interno dell’ormai defunto Pdl: attraverso le colonne di un giornale politicamente schierato, si consumano, così, vendette e controvendette tra fratelli coltelli. A parte il fatto che lo show-down interno sembrava ieri già in fase d’estinzione, con un Alfano berlusconianamente meno diverso di domenica dopo la colazione a Palazzo Grazioli con il Cavaliere, in tutta sincerità, non mi piacciono per nulla queste liti (più o meno da cortile) attraverso i mass media. La ragione è semplice: si lanciano proclami a difesa della libertà di stampa e giustamente si spediscono al rogo di Campo dei Fiori i cosiddetti pennivendoli o, peggio ancora, i giornalisti considerati terminali di certe lobbies politico-economiche, ma, poi, si fa ben poco per garantire davvero la trasparenza dell’informazione. Assistiamo, così, a spettacoli imprevedibili, con il “fuoco amico” che semina morti e feriti all’interno delle proprie truppe. In altri tempi, i ministri che, più nolenti che volenti, si sono dimessi, avrebbero preso di mira i giornali fiancheggiatori della sinistra. Oggi va tutto al contrario e il povero lettore in buona fede non ci capisce proprio più niente.
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