L’ALTRO GIORNO, ascoltando in tv il premier Renzi, che, con aria d’imbonitore, magnificava le sue proposte, con tanto di slide, mi è venuto in mente cosa diceva un altro toscanaccio terribile, Indro Montanelli, a proposito dei suoi corregionali. Il grande giornalista, che non era certamente prevenuto essendo di Fucecchio, scriveva, infatti, sui toscani: «Quando fanno un piano astratto sembrano dei demoni, ma nella realtà perdono come dei poveretti. Scrivono Il Principe per vincere un concorso da segretario comunale e sono bocciati». Queste parole, inutile nasconderlo, mi hanno creato una certa apprensione anche perché si sono levate, quasi subito, le voci critiche nei confronti del sindaco d’Italia che non avrebbe tutta la copertura finanziaria necessaria per varare le misure che ha appena promesso. Non è che anche Matteo sollevi un gran polverone e, poi, riesca a mettere in pratica solo una piccola parte delle cose che va proclamando da Fazio a Vespa? Come aveva rilevato il sottosegretario del suo governo Toccafondi, a Firenze, su 10 punti del programma, ne ha realizzati solo tre.

MI AUGURO che non sia così a livello nazionale per il semplice motivo che, se fallisce Renzi, fallisce anche l’Italia. I timori, comunque, restano e non potrebbe essere diversamente: è stata messa tanta, troppa, carne al fuoco. Se il presidente della Confindustria, Giorgio Squinzi, dopo due giorni di assoluto blackout, ha dato il suo appoggio alle misure annunciate da Palazzo Chigi (ma l’aumento della tassazione sulle rendite finanziarie?), molto più dubbiosi appaiono, invece, i sindacati: la segretaria generale della Cgil, Camusso, dopo avere concesso il disco verde ai mille euro in più all’anno in busta-paga, ha espresso perplessità sulle proposte avanzate a proposito del “jobs act”.

Ma, a questo punto, non basta convincere gli imprenditori o le organizzazioni dei lavoratori sulla bontà delle proposte avanzate, qui si tratta di essere molto chiari ed esaurienti con i partner europei che continuano a restare con il fucile puntato. O il presidente del Consiglio riuscirà a dimostrare che non c’è alcun gioco delle tre carte oppure anche il suo governo rischia di avere i giorni contati.

Ecco perché il tour europeo sarà decisivo. A Renzi non basteranno più le slide per fare capire al presidente francese Hollande (ieri), poi alla Merkel (domani) e, infine, a Barroso che i conti dell’Italia sono sotto controllo e che ci sono tutti i numeri per varare il pacchetto di provvedimenti appena abbozzato. Non è più tempo di proclami: è il momento di verificare se abbiamo davvero il “poker” vincente. Sarà capace il premier di sfatare il pessimismo montanelliano sul carattere dei toscani? Tra otto giorni sapremo se l’ex sindaco di Firenze è un astuto machiavellico come Il Principe, o non ha neppure i requisiti per vincere un concorso da segretario comunale.
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