HO PROVATO uno strano effetto a partecipare, ieri, alla bella iniziativa varata dal presidente della Provincia di Milano, Guido Podestà, a trent’anni da quel 17 giugno 1983 in cui scoppiò il “caso Tortora”. Ho avuto, netta, la sensazione che l’Italia continui a girare a vuoto da troppo tempo.

Se, quando Enzo riuscì a uscire dal girone infernale del carcere (salvo poi morire poco dopo), esordì in televisione dicendo “Dove siamo rimasti?”, oggi quell’interrogativo continua ad aleggiare in modo ancora più pressante perché, nel frattempo, i problemi della Giustizia in Italia si sono moltiplicati e il “caso Tortora” non ci ha insegnato nulla. Anche per responsabilità diretta – “mea culpa, mea maxima culpa” – dei giornalisti che, spesso e volentieri, crocifiggono a priori gli indiziati nell’assillo dello scoop a tutti i costi. Quante volte diventiamo, così, megafono di certe procure? Aveva, di nuovo, ragione Indro Montanelli che diffidava dagli scoop. Non saprete mai, ci diceva, in che modo siete stati strumentalizzati. Cornuti e mazziati.

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