Torino addio: 1864-2014

CORSI e ricorsi storici: Torino addio. Se nel 2014, proprio il 1° agosto, la nuova dinastia sabauda, quella degli Agnelli, ha celebrato il divorzio dalla città subalpina, con il trasferimento della sala dei bottoni della Fiat al riparo dei fumi di Londra, centro nevralgico della finanza mondiale, esattamente 150 anni fa, nel 1864, la vecchia […]

CORSI e ricorsi storici: Torino addio. Se nel 2014, proprio il 1° agosto, la nuova dinastia sabauda, quella degli Agnelli, ha celebrato il divorzio dalla città subalpina, con il trasferimento della sala dei bottoni della Fiat al riparo dei fumi di Londra, centro nevralgico della finanza mondiale, esattamente 150 anni fa, nel 1864, la vecchia dinastia sabauda, quella dei Savoia, sanzionò il passaggio della capitale del Regno d’Italia dalla Mole Antonelliana a Firenze, dove trovò alloggio a Palazzo Pitti. Con la convenzione di settembre, il presidente del Consiglio, il bolognese Minghetti, mise, infatti, i sigilli ai moribondi di Palazzo Carignano, sede del primo Parlamento italiano e, in attesa di tempi migliori (l’annessione di Roma, in mano al Papa e alle truppe francesi di Napoleone III), indicò il capoluogo toscano come capitale provvisoria. Lo fu fino al 1871 quando scoccò l’ora di Roma.

AI PIEMONTESI quella scelta non andò proprio giù: si sentirono traditi dal loro re e a Torino scoppiarono violenti disordini, con morti e feriti. «Ne valeva la pena?» si chiesero i cronisti d’allora. Quel trasloco venne, comunque, giustificato dal fatto che Torino era troppo periferica rispetto al resto d’Italia e che occorreva controllare più da vicino l’ex regno dei Borboni dove i briganti continuavano a dettar legge.

La storia si ripete, oggi, con la Fiat: «Ne vale davvero la pena?» si chiedono i giornalisti economici. Anche in questo caso, a parte i vantaggi fiscali, l’establishment del Lingotto sottolinea la necessità di restare al centro del mondo e la City, indubbiamente, lo è. Peccato, però, dovere dire “bye-bye” a 115 anni di tradizioni piemontesi, perché la Fiat (lo dice la parola stessa) è sempre stata torinese più dei gianduiotti e della bagnacauda.

Consoliamoci: la globalizzazione ha le sue regole e, poi, 150 anni dopo, non ci sono stati i disordini di piazza come in quel lontano 1864. Senza contare che oggi è stata scelta Londra anziché Firenze come allora: avrebbero certo detto che Renzi rivoleva il Granducato e il suo giglio magico.

giancarlo.mazzuca@ilgiorno.net