LA THATCHER venne a presentare il suo libro “Gli anni di Downing Street” a Milano, venti anni fa, poco dopo la caduta del suo governo. Per l’occasione, la casa editrice italiana, la Sperling & Kupfer, organizzò un pranzo in suo onore in un famoso circolo cittadino, al quale anch’io partecipai con altri giornalisti. Anche Montanelli avrebbe dovuto accogliere la nuova scrittrice, ma aveva declinato l’invito, all’ultimo istante, con grande rammarico, perché in quei giorni era senza dentiera e non voleva sfigurare davanti alla lady inglese.

Quell’incontro non riesco proprio a dimenticarlo: l’ex primo ministro, che aveva come unica scorta un allampanato segretario dalla faccia da cavallo, si presentò vestita di un tailleur di un incredibile color pastello, i capelli irrigiditi dalla lacca e la borsetta d’ordinanza appesa al braccio. Minuta, sottile, all’apparenza quasi fragile, si fermò sulla soglia, dritta come un fuso, un vero soldato britannico sull’attenti. Rimase immobile in attesa che ogni sguardo, maschile, della sala convergesse su di lei: solo a quel punto, nel silenzio più assoluto, regale, mosse il primo passo verso di noi. Tutti capimmo, all’istante, come l’unico vero uomo presente fosse lei e per il pranzo intero non ci azzardammo più a staccare lo sguardo da quella fragile donnina che, se avesse voluto, ci avrebbe incenerito in un istante.
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