ALEXANDER PEREIRA è alla Scala dal 2014 e ieri, nella sera di Sant’Ambrogio, ha assistito a quella che lui stesso ha definito «la prima più importante del mondo » con l’allestimento della “Giovanna d’Arco” da lui fortissimamente voluta. In questi mesi ho avuto modo di conoscerlo meglio, più di qualsiasi altro sovrintendente, e abbiamo scoperto di avere affinità culturali. Lui è nato in Austria da genitori di origini portoghesi, e ha poi lavorato molto in Germania, nella consociata tedesca dell’Olivetti. Dopo i tanti viaggi ad Ivrea, è diventato italiano nel profondo dell’anima e, oggi, considera l’approdo meneghino come il traguardo di una vita. È davvero un signor Rossi mascherato da herr Muller e si trova molto bene sotto la Madonnina. Abita in centro e anche la sua giovane e bella moglie, Daniela Weisser de Sousa, si trova a suo agio da queste parti: si occupa di moda, ha aperto un atelier e Milano è la capitale del “fashion”.
Pereira, che parla un buon italiano anche se lui dice di no, ha imparato a conoscere il Belpaese da giovane quando, in estate, trascorreva le vacanze da sua zia a Grado: si ricorda come fosse ieri degli strilloni che giravano in spiaggia per vendere il nostro giornale urlando “Il Giorno!”. Per essere italiano al cento per cento gli mancava solo un particolare: conoscere fino in fondo i difetti dei suoi nuovi connazionali. Adesso ha superato anche questa lacuna perché ha avuto fin troppo a che fare con i sindacati e con le organizzazioni dei lavoratori scaligeri che, solo poche settimane fa, gli hanno bloccato una balletto con Roberto Bolle che stava già per piroettare in scena. Ma, con la prima di ieri sera, Pereira ha superato anche la prova del nove. A questo punto, non potevo che proporgli di organizzare nel 2016 uno spettacolo dedicato al “Giorno” in occasione dei 60 anni del nostro quotidiano. Lui ha accettato con entusiasmo: per lui faremo girare gli strilloni a piazza della Scala. [email protected]