“Poscia ch’io v’ebbi alcun riconosciuto
vidi e conobbi l’ombra di colui
che fece per viltade il gran rifiuto”.
(Dante Alighieri, Divina Commedia: Inf III, 58/60)

PAPA MONTINI, IL LOMBARDO PAOLO VI, diceva che il vescovo di Roma è sempre solo nelle sue gravi decisioni, così come sola è la Madonnina che, lassù, sulla più alta guglia del Duomo, veglia su Milano e sul mondo intero. Chissà se, in questi giorni, Benedetto XVI avrà meditato su quelle parole del suo predecessore. Un tormento infinito risoltosi in un gesto che da, oltre sette secoli, dai tempi del dantesco “gran rifiuto” di Celestino V, nessun pontefice aveva mai compiuto.

CERTO, le dimissioni di Ratzinger hanno colto tutti di sorpresa, come un fulmine a ciel sereno caduto su tutti, ma, in particolare, su un’Italia già scossa da mille problemi. Ma al di là dello sbigottimento generale, credo che la scelta sia stata a lungo sofferta nell’anima tormentata di Benedetto. Intendiamoci, non ritengo affatto che le dimissioni del Papa tedesco siano state un gesto di “viltade”: penso, anzi, che abbia avuto un grande coraggio a prendere una decisione così difficile, anche se, ora, molti cattolici si dicono interdetti e quasi delusi da un passo indietro così profondamente umano. Una scelta, la sua, meditata tra angosce, dubbi, ripensamenti e paure come qualsiasi uomo di questa Terra. E da marzo, magari vestito da semplice prete o da vescovo emerito, si chiuderà per sempre (o quasi) agli occhi del mondo.

RICONSIDERANDO GLI ATTI COMPIUTI ultimamente dal pontefice dimissionario, si potrebbe individuare una certa logica che dimostrerebbe come il suo ritiro non sia proprio legato al caso, al di là di eventuali problemi di salute che noi non conosciamo. Due episodi confortano tale tesi: la lunga sosta, durante il suo viaggio in Abruzzo, davanti alla tomba di Celestino V e la volontà, con il nuovo anno, di promuovere ad arcivescovo padre Georg, l’onnipresente segretario del Pontefice. Se è vero che chi entra in conclave da Papa ne esce da cardinale, potrebbe, comunque, essere un segno del destino, senza voler scomodare la divina Provvidenza, il fatto che l’ultimo, grande viaggio di Ratzinger in Italia (a parte una breve visita nelle zone terremotate dell’Emilia), sia stato proprio a Milano, nella primavera scorsa, ospite del cardinale Angelo Scola.
Tutti sappiamo adesso che il cardinale Carlo Maria Martini era stato indicato da diversi principi della Chiesa, prima ancora che il conclave cominciasse, come possibile successore di Giovanni Paolo II. L’arcivescovo della diocesi ambrosiana declinò l’offerta per motivi di salute. E, al suo posto, arrivò il Papa tedesco. Mi domando: con quel viaggio in Lombardia, Benedetto XVI avrà voluto indicare qualcosa?
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