Mai svegliare il can che dorme, soprattutto se si chiama Lupi. E, infatti, il ministro dei Trasporti ha preso decisamente le distanze dall’ipotesi d’accordo Alitalia-Etihad dopo aver meglio approfondito i preliminari d’intesa.

NON È, DUNQUE, troppo tardi per rinsavire e voltare pagina nelle trattative. In particolare, per evitare  la creazione di una “bad company” che scarichi tutti i debiti allo Stato e, di conseguenza, alla collettività intera, a vantaggio degli arabi e degli attuali azionisti che, così, farebbero pagare a noi tutti gli errori commessi in questi anni. Non sono più consentiti carrozzoni di Stato: se oggi il Paese è al limite della bancarotta, la responsabilità ricade sui governi della Prima e della Seconda Repubblica, che hanno fatto vivere gli italiani al di sopra delle proprie possibilità, con i pozzi di San Patrizio delle Partecipazioni statali e non solo. Se accetta la sfida, Etihad deve assumersi anche le responsabilità: non possiamo diventare terra di conquista del capitale estero, pagando noi il conto. Occorre, quindi, prevedere una “poison pill”, una pillola avvelenata, che impedisca scalate o modifiche non pilotate nel pacchetto di maggioranza dell’Alitalia. Regole elementari di garanzia che, nell’ipotesi d’intesa, erano state stranamente dimenticate. Come mi ha scritto un lettore di Varese, la compagnia di bandiera non deve diventare Alitaglia.
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