ALCUNI LETTORI confessano di essere in “confusione mentale” per l’attuale situazione politica-economica e, sinceramente, non faccio fatica a comprenderli. È difficile interpretare i dati reali di un Paese, perché spesso sono stravolti o manipolati da una certa disinformazione frammista a ignoranza o, ancora peggio, da spot pubblicitari assolutamente fuorvianti. Il guaio è che, nel tranello, non cadiamo solo noi, che siamo parte in causa, ma anche i seriosi e compassati teutonici. È il caso dell’autorevole “Handelsblatt”, il giornale vicino agli imprenditori d’oltre Brennero, che, in linea con le aperture, con qualche marcia indietro, della Merkel alla nuova stagione di Renzi, parla di “un Rinascimento italiano dopo il bunga bunga”. Fa indubbiamente piacere il fatto che qualcuno riscopra il Belpaese dopo anni di solenni ramanzine: è segno che la stagione di Matteo comincia a dare qualche frutto, almeno sul piano dell’immagine. È importante, come ha rilevato ieri lo stesso premier a Bolzano, che gli italiani abbiano una maggiore autostima: quando ci sono le premesse psicologiche, il resto dovrebbe, infatti, maturare di conseguenza.

IL PROBLEMA è che non basta un Rinascimento di parole e di attese per cancellare un Medioevo di aride cifre. Prendiamo il caso del debito pubblico, l’emergenza numero uno da affrontare. Ai tempi del governo Berlusconi, alias bunga bunga, cioè nell’aprile del 2011, il nostro disavanzo era “solo” di 1.890 miliardi di euro, mentre adesso, dopo le ricette “lacrime e sangue” dei governi Monti, Letta e Renzi, siamo saliti alla cifra-record di 2.146 miliardi. Senza l’austerità imposta dagli ultimi esecutivi, forse, il “buco” sarebbe stato ancora più grande, ma la situazione è oggettivamente peggiore rispetto a tre anni fa. Dove è, allora, il Rinascimento? Parole, solo parole. Da tempo ci stanno stressando sul fatto che non possiamo attuare una politica di crescita perché dobbiamo, prima, tagliare la spesa, con il solo risultato che il debito sale anziché diminuire.
OGGI il presidente del Consiglio, al di là delle tante promesse fatte, ha un grande vantaggio rispetto ai suoi predecessori: la possibilità concreta di attuare quelle riforme, dal Senato alla legge elettorale per non parlare della pubblica amministrazione, che, finora, sono sempre restate sulla carta. L’ultimo vertice tra Renzi e Berlusconi ha, in effetti, dato vita a quel partito unico del cambiamento che consentirà al sindaco d’Italia di portare a casa risultati concreti sul fronte interno, a prescindere dall’atteggiamento ondivago di Grillo. Potrà, inoltre, contare di più in Europa avendo in mano il pallino della presidenza Ue. Un’occasione irripetibile che, al termine del semestre, dovrebbe consentire di incassare le cambiali accumulate, magari con elezioni politiche anticipate nel 2015. Fin qui il segretario del Pd: resta da capire quali saranno i vantaggi che il centrodestra potrà ottenere con la politica del dialogo.
giancarlo. [email protected]