UN’ORA e otto minuti. Ho seguito il discorso di Renzi al Senato con un’apprensione che, via, via, si faceva inquietudine e scoraggiamento: non ha studiato, non si è preparato, pensavo nervoso, come un qualsiasi babbo che segue l’esame di un figliolo spavaldo e dotato ma presuntuosetto. Si è, purtroppo, dimenticato quei compiti Excel, su cui conta tanto, a casa, perché non ci sono dati precisi, percorsi lineari da cui capire che strada si intende prendere: tante cose condivisibili, ma assai vaghe, come in certe discussioni tra amici, in cui, a parole, si tratta di massimi sistemi. Non ho nessun rimpianto di quei discorsi parrucconi della politica del secolo scorso, ma se si vuole rivoltare o rottamare il sistema esistente, bisogna studiare di più, magari approfondire i contenuti, al di là delle indubbie capacità comunicative. Chissà se, la prossima volta, la professoressa Agnese, la giovane moglie, lo inviterà a ripassare meglio la lezione, per oggi il giudizio è sospeso: rimandato a settembre.
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