È IL 23 DICEMBRE DEL 1984. Esattamente trent’anni fa: una carrozza del rapido “904”, proveniente da Napoli e diretto a Milano, viene squarciata da una bomba sulla Direttissima, dentro la lunga galleria dell’Appennino bolognese, nei pressi del punto in cui, quasi dieci anni prima, era avvenuta la strage dell’Italicus. Morirono 17 persone, 267 i feriti. Sei lustri dopo, un’altra antivigilia di Natale a Bologna, l’ennesimo atto doloso vicino alla stazione, proprio nel periodo delle Feste, quando tanti prendono il treno per tornare a casa, tra i propri cari.

Così ti alzi  una mattina per prendere il Frecciarossa, destinazione Milano e, di colpo, ripiombi nel caos e, incredulo, con una stretta al cuore, rivivi i ricordi di quei giorni di piombo. Ai tempi dell’Italicus, vissi l’effetto-bomba come giovane cronista alle prime armi, oggi, veterano del mestiere, dovrei essere vaccinato alla banalità del male, ma l’effetto-choc non è diminuito rispetto ad allora. Anzi, è aumentata, di pari passo, la consapevolezza  che tutto sembra inutile e che gli errori del passato sono serviti a ben poco. Certe volte, mi chiedo se siamo un Paese irrimediabilmente malato, con prognosi infausta, ma un mio giovane amico mi ha chiesto di essere, almeno durante le Festività, un po’ più ottimista. Farò del mio meglio: buon Natale a tutti, nonostante tutto.

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