Quando, 63 anni fa, al Maracanà, l’Uruguay battè clamorosamente il Brasile nella finalissima dei Mondiali di calcio, con un gol di Ghiggia, lo stadio di Rio divenne una bolgia: decine di spettatori vennero colpiti da infarto e il bilancio risultò tragico con una decina di spettatori morti, due (presumo brasiliani) si suicidarono direttamente dagli spalti. Ieri sera i carioca si sono presi la rivincita sull’Uruguay.

Stasera nell’altra semifinale di Confederations Cup tocca a Italia-Spagna, con la certezza che non ci saranno altre scene apocalittiche perché il risultato sembra scontato: i pronostici sono contro gli azzurri che non potranno, neppure, contare su Balotelli. Ma un risultato a sorpresa, simile a quello degli uruguagi oltre mezzo secolo fa, sarebbe, invece, il miglior regalo per tutti noi: ci darebbe quella carica che non abbiamo più. Con una crisi economica che non concede tregue, una classe politica allo sbando e un futuro nero, il Maracanà potrebbe compiere il miracolo. Qui ci vuole, davvero, un Pelé italiano. E non solo nel calcio.