Quell’asse Squinzi-Prodi

SE FOSSI in Matteo Renzi, mi terrei buono il presidente della Confindustria. Secondo alcuni opinionisti, infatti, Giorgio Squinzi avrebbe già impallinato due governi, prima quello guidato da Mario Monti e poi quello di Enrico Letta. Il premier designato è avvisato: se non vuole incorrere in qualche imboscata e nel classico “non c’è due senza tre”, […]

SE FOSSI in Matteo Renzi, mi terrei buono il presidente della Confindustria. Secondo alcuni opinionisti, infatti, Giorgio Squinzi avrebbe già impallinato due governi, prima quello guidato da Mario Monti e poi quello di Enrico Letta. Il premier designato è avvisato: se non vuole incorrere in qualche imboscata e nel classico “non c’è due senza tre”, stia molto attento a viale dell’Astronomia e alle sue rivendicazioni. Ma c’è stato o no una specie di complotto, o presunto tale, per cambiare l’esecutivo in corsa? Il numero uno degli industriali, che ho sentito ieri per telefono, smentisce con sicurezza: nessuna operazione preordinata. Dietro gli ultimi “j’accuse” al governo, ci sarebbe, infatti, solo l’aggravarsi della situazione con la necessità di non perdere altro tempo.

CONOSCO da una vita Squinzi per non sapere della sua grande onestà: quindi gli credo assolutamente. Eppure è singolare il fatto che l’offensiva decisiva, peraltro sacrosanta, contro Letta sia avvenuta nell’ultima settimana dopo l’incontro a Milano tra lo stesso Squinzi e l’ex presidente del Consiglio, Romano Prodi. I due avranno discusso della crisi e avranno anche convenuto che non ci fosse, ormai, più tempo da perdere per varare quelle misure economiche di rilancio troppo spesso rinviate. Insomma, l’attacco concentrico di mister Mapei e del Professore è servito a farci voltare pagina con la speranza che la musica possa, ora, davvero cambiare.

MA C’È UN ALTRO aspetto della vicenda che merita attenzione.

È il libro del giornalista americano Alan Friedman su Mario Monti. Un caso che il presidente della Confindustria, così mi dice, ha appreso anche lui dai giornali. Dunque, non più tardi di una decina di giorni fa, il presidente della Repubblica ribadisce che il governo Letta non si tocca. La posizione del Quirinale sembra inattaccabile e, di conseguenza, anche l’esecutivo in carica pare ancora saldo: al massimo, si profila un Letta-bis. Ma, poi, ecco le clamorose rivelazioni: già nell’estate del 2011, Napolitano ha parlato con Monti della possibilità di subentrare a Berlusconi, per arginare l’assalto finanziario al nostro Paese. Il presidente dei bocconiani fa il giro delle sette chiese e si consulta con Prodi e De Benedetti per sentire il loro parere. L’ex Supermario, poi, invece di trincerarsi in un doveroso “no comment”, conferma a Friedman l’offerta estiva di Napolitano: il presidente della Repubblica viene così criticato da più parti per essersi mosso in modo non propriamente istituzionale e il Colle finisce per non essere più una roccaforte inespugnabile come prima.

ERGO: ANCHE LETTA, così come il Capo dello Stato, diventa vulnerabile finendo per rendere in discesa la salita di Renzi. Fantapolitica? Può darsi, ma l’accelerazione degli eventi, negli ultimi giorni, mi lascia dubbi e sospetti. A questo punto, non vorrei che, in tempi non troppo lunghi, ci siano anche le dimissioni di Napolitano. Ma spero che tutte queste manovre, o presunte tali, non servano a spargere fango, ma, piuttosto, a tirar fuori il Paese dalla palude. Adesso tocca a Matteo: comunque la pensiate, bisogna che ce la faccia. Il tempo dei giochini è finito e la punizione, in caso di errori o prese in giro degli elettori, sarebbe tremenda. Per lui e per noi.

giancarlo.mazzuca@ilgiorno.net