Province, un primo traguardo

VINCERE una battaglia non significa vincere una guerra, ma la bocciatura della Consulta che ha giudicato incostituzionale il progetto di accorpamento delle Province varato dal governo Monti, ha, paradossalmente, spianato la strada a quell’abolizione delle amministrazioni provinciali che il nostro giornale sta sostenendo con forza. Aveva ragione Antonio Patuelli: il presidente dell’Abi aveva indicato al “Giorno” la necessità […]

VINCERE una battaglia non significa vincere una guerra, ma la bocciatura della Consulta che ha giudicato incostituzionale il progetto di accorpamento delle Province varato dal governo Monti, ha, paradossalmente, spianato la strada a quell’abolizione delle amministrazioni provinciali che il nostro giornale sta sostenendo con forza. Aveva ragione Antonio Patuelli: il presidente dell’Abi aveva indicato al “Giorno” la necessità  di una riforma costituzionale, con la revisione dell’articolo 114 che recita testualmente: “La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato”. Il premier Enrico Letta ha, quindi, preso atto che non ci potranno essere strade alternative, come quelle previste dal precedente esecutivo: è possibile solo il colpo di spugna delle Province, con buona pace degli ultimi soldati giapponesi che, nella foresta, continuano ostinatamente a difendere la loro patria anche dopo la capitolazione dell’Imperatore.

QUESTA VOLTA, il destino di tali amministrazioni sembra, infatti, segnato, anche se è vero che sono state, finora, come la coda della lucertola: quando la tagli, ricresce più in fretta. In questo caso, la popolarità della campagna avviata dal “Giorno”, che su questo tema ha raccolto tantissime adesioni, è la spia che è maturata, in tanti italiani, la convinzione che non è più possibile rinviare le scelte, anche dolorose, per semplificare la struttura dello Stato. È vero che, su un tema così delicato, non si può mai dire mai, perché la resistenza delle varie “lobbies”, con l’alibi che le Province costano molto meno di altre istituzioni pubbliche, tende a perpetuarsi, ma il Parlamento non può più esimersi da una decisione sull’argomento, come è già successo in passato. Se oggi il Consiglio dei ministri darà il via all’iter di riforma costituzionale, quale sarà la tabella di marcia? Luciano Pizzetti, componente della Commissione Affari Costituzionali, fissa come obiettivo poco più di un anno: settembre 2014. Secondo l’articolo 138, le leggi di revisione della Costituzione debbono essere approvate da ciascuna Camera con due successive votazioni, con un intervallo che non può essere inferiore ai tre mesi. È vero che tali leggi, entro tre mesi dalla loro approvazione, possono essere sottoposte a referendum ma non si dovrà procedere ad eventuali consultazioni popolari se il provvedimento è varato con la maggioranza qualificata dei due terzi dei suoi componenti. Se, nella scorsa legislatura, solo la Lega si era opposta, questa volta è possibile iniziare un nuovo percorso per cambiare il volto dell’Italia.

giancarlo.mazzuca@ilgiorno.net