Province infinite

MAI COME in queste settimane vari esponenti del Partito Democratico (per non parlare di quelli di Forza Italia, ma, questa, è tutta un’altra storia) si affannano ad accapigliarsi nel disperato tentativo di indebolire il loro premier con le prossime Regionali: sembrano tanti capponi che si beccano, incapaci di prevedere cosa li attenda. Il sindaco d’Italia […]

MAI COME in queste settimane vari esponenti del Partito Democratico (per non parlare di quelli di Forza Italia, ma, questa, è tutta un’altra storia) si affannano ad accapigliarsi nel disperato tentativo di indebolire il loro premier con le prossime Regionali: sembrano tanti capponi che si beccano, incapaci di prevedere cosa li attenda. Il sindaco d’Italia avrà pure tanti difetti, ma è indubbio che si stia impegnando nel tentativo di cambiare qualcosa in un Paese sempre più ingessato dove le varie corporazioni finiscono per bloccare qualsiasi riforma. Basta osservare quanto sta succedendo nel mondo della scuola, in rivolta per le novità annunciate, anche se alcune delle rivendicazioni sindacali sono del tutto legittime. Come se non bastasse tutto questo ribollire (e sarebbe, quindi, opportuno non mettere altra carne al fuoco come la riforma della Rai), il governo ha ancora molte questioni in sospeso da sistemare.

PRENDIAMO la cancellazione delle Province. Da anni, molti non le volevano più; da anni, molti sostenevano che le loro competenze, retaggio di un fardello d’epoca napoleonica, fossero semplici doppioni di quelle attribuite a Regioni e Comuni. Finalmente, dopo tante promesse e un interminabile braccio di ferro, Renzi è riuscito ad avviare l’iter per la loro abolizione. Tutto risolto, allora? Nient’affatto, perché la burocrazia – a conferma che in Italia tutto si cambia per, poi, non cambiare nulla -, ha cominciato a mettere i bastoni tra le ruote. Proprio l’altro giorno, la ministra della Pubblica Amministrazione, Marianna Madia, che quando vuole s’arrabbia pure, è stata costretta a usare la linea dura sugli esuberi: se le Regioni non provvederanno a trasferire i 20 mila dipendenti in eccedenza delle Province dopo il taglio delle competenze della riforma Delrio, lo farà direttamente lo Stato.+

SIAMO ARRIVATI al punto che le spese sostenute da molte Province in via d’estinzione sono addirittura aumentate: risultano più che raddoppiati gli oneri per servizi richiesti da consultazioni elettorali e pure quelli per i gadget e per i prodotti tipici locali (+65%). Per anni, la lobby interessata (l’Upi) ha combattuto la battaglia per la sopravvivenza delle Province, con l’alibi che costavano poco (pur sempre una ventina di miliardi l’anno, il 3% del Pil) rispetto alle Regioni che pesavano una decina di volte in più. Adesso potranno facilmente sostenere che le spese di questi organi in disarmo sono, comunque, aumentate unicamente perché i bilanci delle amministrazioni provinciali sono, ormai, ridotti all’osso. E i cittadini continueranno a pagare. Come sempre.