UN POETA che amo, Giovanni Pascoli, ha raccontato, nel poemetto “Italy”, le vicissitudini dei nostri migranti in America all’inizio del secolo scorso. Sono passati, da allora, cent’anni o poco più. Cent’anni trascorsi invano, perché le stesse scene, ancora più drammatiche ed angoscianti, le abbiamo vissute, in questi giorni, un po’ ovunque nel cosiddetto Belpaese, ma soprattutto a Milano, la locomotiva del “made in Italy” a prescindere dall’Expo. Nel caso meneghino, i migranti sono gli africani costretti a dormire fino a ieri, con uno sgombero troppo tardivo, nell’atrio della Stazione Centrale in compagnia della scabbia e, sia pure in modo diverso, i “latinos” sudamericani, ubriachi e sanguinari, che, a colpi di machete, hanno quasi amputato un braccio allo sfortunato controllore del treno che chiedeva semplicemente di obliterare i biglietti ferroviari. Scene di guerra e di frontiera nella metropoli del Duemila: a Rho-Pero stiamo affrontando in modo scientifico il problema del cibo nel mondo ma, a pochi chilometri di distanza, non riusciamo neppure a dare da mangiare e a trovare un giaciglio ai profughi che hanno sommerso l’Italia a causa di anni di mancate decisioni e di insipienza, nostre ed europee,

È INUTILE, oggi, continuare a considerare l’emergenza-immigrati come un problema d’altri; è inutile illudersi che Milano sia nell’occhio di un ciclone che non ci riguarda direttamente: i venti impetuosi che spazzano la metropoli lombarda provengono da lontano e colpiscono tutti. In realtà, la città della Madonnina è diventata, suo malgrado, lo specchio fedele di un’Italia confusa ed imbelle che non riesce a trovare un filo conduttore nella propria politica schizofrenica. Non possiamo certo colpevolizzare le forze dell’ordine che, in una situazione così difficile, cercano di porre qualche argine ad un fiume in piena, ma dobbiamo anche chiederci: è normale che tutti possano arrivare nel nostro Paese e, magari restarci stabilmente anche per la memoria corta della Ue, come fosse un destino ineluttabile, senza nessuna pianificazione e controllo? Qui non si tratta di tirare la volata alla Lega nel giorno dei ballottaggi: il problema è enorme e va al di là dei partiti e delle sterili scaramucce. L’altra sera ho partecipato, su Rai 1, ad una trasmissione sul tema e le maggiori proteste per l’emergenza arrivavano non solo dagli ascoltatori milanesi ma da tutta Italia.

STRINGE IL CUORE vedere certe immagini di barconi alla deriva nel Mediterraneo con il loro carico dolente, ma rischia di affondare anche la “nave-Italia” se, prima o poi, non si fanno scelte coraggiose e lungimiranti. La politica di Roma, è restata finora assente, a parte i “j’accuse” contro Maroni e Salvini: ha cercato, soprattutto, di non abbinare la propria immagine con quella dei migranti, dando in pasto agli italiani solo la faccia del ministro dell’interno Angelino Alfano, facile capro espiatorio con un sempre più esiguo seguito elettorale. Ma oggi non è più possibile far finta di nulla: il problema ci riguarda troppo da vicino. A cominciare dall’Ospizio Milano, la Milano da bere dell’Expo.  [email protected]