SCRIVO queste note alle 14 e 55 del 4 giugno 2013: puntuale come il Big Ben, ecco che, senza sgarrare, scatta il momento più improduttivo della giornata di lavoro, secondo un’accurata ricerca britannica. Gli occhi si appesantiscono, le palpebre calano e siamo costretti a mettere in funzione gli antidoti: guardare fissi il pc per non cedere al sonno o recarsi subito alle macchinette del caffé. Secondo la ricerca, il vuoto postprandiale non perdona proprio nessuno in ufficio.
Per combatterlo, i flemmatici inglesi si mettono anche a chattare con gli amici e cercano pure di organizzarsi la serata. Ieri sono stati diffusi i dati della curiosa ricerca, ma, a naso, da tempo sapevamo quale fosse l’orario più critico della giornata. Un esempio personale? Al “Giorno” ho spostato alle 15 e 30 la riunione di redazione per evitare l’effetto pennichella. Il problema è che anche gli orologi dell’Italia si sono fermati alle 14 e 55, ora di Greenwich: è l’attimo, non tanto fuggente, più critico del Paese. Come la “nuttata” di Eduardo, speriamo che passi.