O adesso o mai più

OGNI ANNO, a Ferragosto, mi chiedo per quale dannato motivo il Capodanno d’estate sia il giorno più freddo sul fronte finanziario. In questo periodo succedono sempre i fatti economici più strani: chi non ricorda il Ferragosto del 1971 quando il presidente americano Richard Nixon decise, a Camp David, di abolire la convertibilità del dollaro in […]

OGNI ANNO, a Ferragosto, mi chiedo per quale dannato motivo il Capodanno d’estate sia il giorno più freddo sul fronte finanziario.

In questo periodo succedono sempre i fatti economici più strani: chi non ricorda il Ferragosto del 1971 quando il presidente americano Richard Nixon decise, a Camp David, di abolire la convertibilità del dollaro in oro? E, venendo a tempi più recenti, proprio nell’agosto del 2011 cominciò il grande freddo europeo, con la lettera di richiamo di Bruxelles al governo Berlusconi con conseguente rialzo dello spread, il differenziale tra i titoli italiani e i bund tedeschi, oltre quota 500. Il Cavaliere, a novembre, fu costretto a lasciare Palazzo Chigi per fare posto al deludente Monti. E anche l’anno scorso, di questi tempi, il presidente della Confindustria, Giorgio Squinzi – guardando l’andamento dei mercati finanziari e considerando l’atteggiamento quasi ostile della Ue -, se ne uscì, in modo laconico, ma efficace, in un “Qui ci fanno blu!”, che non si riferiva certo al colore dei mari italiani.

NON PARLIAMO, poi, dei ricordi personali, come capitò in un Ferragosto dei primi anni Ottanta, quando venni spedito dal “Corriere” a Madonna di Campiglio per pedinare l’allora ministro del Tesoro, Beniamino Andreatta, in vista di una possibile svalutazione della lira all’interno dello Sme, il Sistema monetario europeo. Un timore che si risolse, per fortuna, in una bolla di sapone. Insomma, per un verso o per l’altro, agosto è un mese di allarme rosso, tranne, forse, questo 15 agosto 2013 che, paradossalmente, tra fibrillazioni politiche e incertezze economiche, non è il più caldo degli ultimi anni. In effetti, mentre il governo Letta resta appeso ad un filo sotto la spada di Damocle della condanna a Berlusconi, sul piano congiunturale la situazione appare in fase di miglioramento come conferma il solito termometro che misura la febbre, quello spread che oggi è più che dimezzato rispetto ai livelli del 2011. Così come gli ultimi dati sulla crescita nell’Eurozona, anche se l’Italia resta fanalino di coda dal momento che il carico fiscale non dà tregua, il debito pubblico continua a essere una voragine, l’occupazione tende a mantenersi su livelli molto bassi, anzi, come ha spiegato l’economista Mario Deaglio ci vorranno anni per vedere davvero ridimensionato il fenomeno dei senza lavoro.

EPPURE, C’È NELL’ARIA un pizzico d’ottimismo in più: le banche hanno appena annunciato un piano di interventi per sostenere e consolidare i timidi accenni di ripresa nel terzo e quarto trimestre dell’anno, gli imprenditori si sono rimboccati le maniche e sono pronti a ripartire. Tutti sanno che il tram chiamato desiderio (desiderio di un tenore di vita migliore) passa una volta sola, a traino della “recovery” americana. Adesso o mai più. Facciamo, quindi, voti perché, in questo momento, non ci sia una crisi di governo e Letta possa proseguire il suo percorso: non solo perché, con la caduta dell’esecutivo – come il premier ha detto a Baku, la capitale azera – in settembre si azzererebbe la possibilità di non fare pagare agli italiani l’Imu sulla prima casa, ma anche per una ragione molto più semplice: veleni o non veleni, bisogna concentrare tutti gli sforzi sulla possibilità di voltare pagina. Cioè dobbiamo davvero impegnarci per dare il “la” alla svolta della congiuntura economica. Saranno capaci, i nostri governanti, di essere così avveduti da riuscire a mettere da parte, per una volta, le beghe di partito nell’interesse generale del Paese? Spero di sì: che sia, questo, il miglior augurio di Buon Ferragosto a tutti i lettori del “Giorno”.

giancarlo.mazzuca@ilgiorno.net