Messa cantata del 1° maggio

HA RAGIONE il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, quando dice che sarebbe più giusto chiamare “Allarme lavoro” la vecchia festa del 1° Maggio. IN EFFETTI, il pan ci manca, ma noi continuiamo a celebrare la ricorrenza secondo antiche liturgie che non sembrano tenere conto dei cambiamenti e delle emergenze che si sono create nel mondo […]

HA RAGIONE il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, quando dice che sarebbe più giusto chiamare “Allarme lavoro” la vecchia festa del 1° Maggio.

IN EFFETTI, il pan ci manca, ma noi continuiamo a celebrare la ricorrenza secondo antiche liturgie che non sembrano tenere conto dei cambiamenti e delle emergenze che si sono create nel mondo del lavoro. Cosa rappresentano, oggi, le grandi confederazioni sindacali per giovani, disoccupati o precari, se non un totem inutile e lontano? Ci si divide, poi, su tutto, persino sul tradizionale concertone, perché, quest’anno, accanto a quello solito di Roma, ce ne è stato un altro, alternativo, a Taranto, segnale che non ci si ritrova uniti neppure nei festeggiamenti.

Ho assistito, come forse molti di voi, a una specie di messa cantata con riti pre-conciliari: slogan e cavalli di battaglia che andavano bene quando ancora avevo i calzoni corti. Per dimostrare di essere al passo con i tempi, Cgil, Cisl e Uil hanno tenuto la manifestazione-clou a Pordenone vicino a quell’Electrolux che, per molti versi, può benissimo rispecchiare il momento drammatico di molte aziende in Italia, con il capitale estero che vuole abbandonare il Belpaese. Ho, però, anche ascoltato, in televisione, le parole di molti lavoratori di quel gruppo industriale e i pareri di alcuni rappresentanti del consiglio di fabbrica che denunciavano la latitanza e la lontananza dei sindacati nazionali. Quegli operai si sentivano, insomma, abbandonati a loro stessi. Di fronte a situazioni così drammatiche e diffuse, che senso ha celebrare ancora in pompa magna la Festa del 1° Maggio? Il Concilio di Trento c’è stato per tutti, sindacati compresi.

giancarlo.mazzuca@ilgiorno.net