Tra impresentabili e poco raccomandabili, tutta la politica italiana, in questa tornata elettorale, ha fatto una brutta figura con un assenteismo dalle urne che, in tempi normali, avrebbe spaventato.
Anche nelle amministrative in Lombardia il forfait dal voto è stato molto rilevante. È questo il dato più eclatante delle Regionali e delle Comunali appena andate in onda. L’altro aspetto significativo del voto di primavera è stata la prima battuta di arresto di Renzi tra spaccature nel Pd, rigurgiti di antipolitica, codificati dal ritorno in grande stile dei grillini, e l’avanzata della Lega di Salvini che ha così evitato l’affondamento di Forza Italia.
Non c’è stato, dunque, il Titanic di Berlusconi come molti politologi avevano sentenziato ma, in compenso, è squillato il segnale d’allarme per il premier nonostante il 5 a 2 finale. Domenica scorsa avevo rilevato che un simile risultato ottenuto con la vittoria di Toti, alla guida della coalizione di centro destra in Liguria, sarebbe stato preoccupante per il sindaco d’Italia. Tanto più che il successo della sinistra in Umbria è apparso sofferto e risicato mentre l’affermazione di Zaia nel Veneto è diventata fin troppo vistosa. Diverso il discorso, invece, se il 5 a 2 fosse stato determinato da una sconfitta di De Luca in Campania: in effetti, non sarebbe cambiato granché perché anche nella passata legislatura, a differenza della regione ligure, il Partito democratico non aveva la maggioranza. L’«exploit» del politico salernitano rischia, quindi di rivelarsi, paradossalmente, quasi un “boomerang” per Matteo sul piano dell’immagine: vincere con un uomo considerato così discusso…
Insomma, dopo un anno e mezzo, l’incantesimo si è rotto e il grande idillio del putto di Firenze sembra già incrinato. Scommettiamo che, a questo punto, Renzi, prima di perdere un’ulteriore fetta della sua dote di credibilità, finirà per anticipare i tempi delle prossime elezioni politiche? L’importante, per lui, è che non sia già troppo tardi.
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