Letta al bivio, Parigi o morte

RICORDATE l’immagine ironica e un po’ sfottente della Merkel e di Sarkozy che prendevano a sculacciate la povera Italia di Berlusconi colto con le mani nella marmellata? Era il segnale inequivocabile, quella foto, di quanto eravamo caduti in basso nella considerazione dei nostri partner europei. Non è, poi, andata meglio con il successivo governo Monti, […]

 RICORDATE l’immagine ironica e un po’ sfottente della Merkel e di Sarkozy che prendevano a sculacciate la povera Italia di Berlusconi colto con le mani nella marmellata? Era il segnale inequivocabile, quella foto, di quanto eravamo caduti in basso nella considerazione dei nostri partner europei. Non è, poi, andata meglio con il successivo governo Monti, anzi. Il professore s’illudeva di recuperare la credibilità perduta facendo vedere, ad ogni piè sospinto, come fossimo bravi sulla strada del ravvedimento, ma gli schiaffi sono continuati: prendevamo sberle in testa prima, le abbiamo prese dopo. E oggi ci ritroviamo al punto di partenza. Almeno, quando c’era l’esecutivo di centrodestra, riuscivamo, ogni tanto, ad alzare la voce contro i primi della classe di Bruxelles. Poi, con i tecnici al potere, siamo stati coperti ed allineati, ma, al di là delle parole di plauso, non siamo affatto cresciuti nella considerazione dei nostri partner. E, quel che è peggio, anche Enrico Letta sta ripetendo gli errori dell’ex Supermario. Morale: per non prendere ulteriori bacchettate dall’Europa, rischiamo di portare l’Italia allo sfascio, con un’economia che non cresce e con una recessione che continua a mordere.

MA SIAMO DAVVERO in un “cul de sac” senza alcuna speranza di voltare pagina? In effetti, come ha rilevato ieri Giulio Sapelli sul “Messaggero”, sta per passare un autobus che non dobbiamo perdere: la possibilità di creare un patto Italia-Francia, all’insegna del Mediterraneo, per rilanciare il Vecchio Continente, con nuove aperture di dialogo verso gli Stati Uniti di Obama, ma anche verso la Russia, come ai tempi di Enrico Mattei e di Vittorio Valletta. La situazione europea è, infatti, cambiata: da una parte, la Germania, con una Merkel alla vigilia delle elezioni, non sembra più ago della bilancia come una volta anche perché pure l’economia tedesca comincia a registrare colpi a vuoto; dall’altra, con il cambio della guardia tra Sarkozy e Jospin, a Parigi non si respira più quell’atteggiamento ostile nei confronti dell’Italia che si avvertiva prima, nonostante la presenza della “première dame” Carla Bruni.

IN QUESTI ANNI, abbiamo fatto certamente bene a non ripudiare l’Europa e l’euro, anche se entrambi sono stati fonte di tanti dolori e di poche gioie proprio a causa del vizio di origine denunciato dagli euroscettici: i padri della moneta comune hanno costruito un grande castello, ma hanno, poi, gettato dalla finestra le chiavi della porta d’accesso, nel senso che non hanno previsto adeguati interventi di fronte ad una crisi economica, lunga e profonda: l’attuale. Diventa, quindi, prioritario mettere in campo tutti i correttivi possibili per non soccombere, come è già successo alla Grecia. Ecco, quindi, la necessità di avviare nuovi legami con i cugini transalpini che, a loro volta, intendono prendere le distanze dalla cancelliera di ferro. Se i rapporti di sudditanza nei confronti di Berlino, da Monti in poi, hanno finito per penalizzarci perché la spartizione della torta europea ha favorito i tedeschi, quest’anno dobbiamo davvero cambiare rotta. Riuscirà Letta a comprendere la necessità del nuovo corso? Il futuro del suo esecutivo si giocherà proprio su questo terreno: o troviamo l’“éntente cordiale” con Parigi per ottenere un ruolo diverso in Europa, o il governo di larghe intese è destinato, davvero, ad avere vita breve. Parigi o morte.

giancarlo.mazzuca@ilgiorno.net