L’elemosina del povero

VI RACCONTO un piccolo episodio che segnala come l’emergenza sociale rischi davvero di degenerare e non solo per colpa dei musulmani. Ieri, mattina domenicale, mi attardo a passeggiare in centro: dopo poco, incontro un vecchio amico. Ci fermiamo in strada per salutarci quando le nostre chiacchiere sono interrotte da un signore che chiede indicazioni su […]

VI RACCONTO un piccolo episodio che segnala come l’emergenza sociale rischi davvero di degenerare e non solo per colpa dei musulmani. Ieri, mattina domenicale, mi attardo a passeggiare in centro: dopo poco, incontro un vecchio amico. Ci fermiamo in strada per salutarci quando le nostre chiacchiere sono interrotte da un signore che chiede indicazioni su un ristorante. Non facciamo in tempo a fornirgli le informazioni richieste che un povero immigrato si avvicina per chiedere con insistenza l’elemosina. Nessuno di noi gli dà retta e l’uomo infuriato, in segno di spregio, ci fa lui l’elemosina buttandoci addosso dieci centesimi. Il signore che non conosciamo allarga le braccia: «Così non si può andare avanti!». E poi, abbassando la voce, aggiunge: «E lo dico io che sono sempre stato di sinistra …». Un episodio banale che conferma, comunque, il livello di guardia raggiunto a prescindere da quanto è avvenuto venerdì a Parigi.

La situazione rischia davvero di precipitare, ecco perché sarebbe meglio tenere in qualche conto le affermazioni di certi “maître à pénser”, considerati un po’ catastrofisti, che chiedono, dopo la notte di sangue nella capitale francese, drastiche misure anche in Italia, come lo stato d’emergenza, la chiusura delle moschee illegali e il blocco dei clandestini alle frontiere. Da liberali, siamo sempre stati contrari, in linea di principio, a tali provvedimenti, ma quando l’emergenza esplode, è inutile, e pure controproducente, far finta di nulla. Chi diceva che i fini giustificano i mezzi?

giancarlo.mazzuca@ilgiorno.net