L’EDITORIALE Il doge Matteo e Frau Angela

PER DUE anni il premier Renzi è stato prono ai voleri di “Madame”, alias Angela Merkel. Forse intimorito dall’autorità tutta teutonica della cancelliera di ferro, Matteo non ha mai fatto davvero la voce grossa con la Frau per antonomasia. Memore di quanto successe a Berlusconi che venne pubblicamente ridicolizzato dalla tedesca e da Sarkozy, il […]

PER DUE anni il premier Renzi è stato prono ai voleri di “Madame”, alias Angela Merkel. Forse intimorito dall’autorità tutta teutonica della cancelliera di ferro, Matteo non ha mai fatto davvero la voce grossa con la Frau per antonomasia. Memore di quanto successe a Berlusconi che venne pubblicamente ridicolizzato dalla tedesca e da Sarkozy, il sindaco d’Italia aveva preferito sinora starsene zitto o quasi. Certe volte sembrava simile ad un altro toscano, Indro Montanelli, che, di fronte agli improperi contro l’Italia sputatigli in faccia da Hitler alle manovre militari in Germania prima dell’invasione della Polonia, se ne stette zitto, pallido in volto. Meglio incassare che incazzarsi. In passato abbiamo sottolineato, in effetti, la posizione subordinata assunta nei confronti dei partner europei, a cominciare proprio da Berlino.

LOGICO, quindi, che l’irrigidimento renziano ci abbia fatto piacere, anche perché le ultime esternazioni della signora – che la rivista “Time” ha incredibilmente elevato al rango di “personaggio dell’anno” – avevano un vago sapore di presa in giro. Agli occhi di Angela, eravamo una specie di Dracula con il popolo tedesco che si svenava donando il sangue per la nostra salvezza. In questi anni è, invece, successo esattamente il contrario: Berlino ha continuato a metterci sempre più in un angolo e se, almeno qualche tempo fa, il rischio di una Grecia-bis non era affatto remoto, il motivo doveva proprio ricercarsi nella politica egocentrica e poco lungimirante esercitata oltre Brennero. Indebolito dagli ultimi problemi interni (l’allarme nel sistema bancario e il caso Boschi che è legato proprio ad uno dei quattro istituti di credito nell’occhio del ciclone), Renzi ha, dunque, fatto la voce grossa all’estero. Una mossa indovinata per uscire dall’angolo, anche perché essere troppo remissivi alla lunga non paga.

Bisognerebbe che ora il premier mostrasse gli attributi non solo in Europa. È il caso dei nostri rapporti con i Paesi musulmani, a prescindere dalle minacce dell’Isis. In Italia si continuano, infatti, a costruire nuove moschee anche se non c’è ancora una convenzione reciproca dettagliata tra l’Italia e l’Islam. Considerando che è lo stesso Corano ad alimentare la guerra santa contro il cattolicesimo, è concreto il rischio che le moschee possano diventare centri culturali in grado di alimentare le divisioni tra i due mondi. Prima di dare il via a nuovi insediamenti lo Stato deve quindi formalizzare accordi generali che garantiscano la sicurezza e il rispetto della nostra democrazia. In altre parole, Renzi dovrebbe prendere esempio dai dogi di Venezia: ai tempi della Serenissima Repubblica, infatti, si strinsero ottimi accordi commerciali con i Paesi di Maometto, ma, dal punto di vista religioso, i due mondi restarono rigorosamente distanti e nessuna moschea venne innalzata nella Laguna. Certe volte, guardare al passato può essere davvero istruttivo per il nostro futuro.

giancarlo.mazzuca@ilgiorno.net