I PARADOSSI della Grecia. Quando chiedi ad un cittadino ellenico se vuole uscire dall’Europa, ti risponderà “no” nella maggioranza dei casi. Sono contrari all’Europa delle banche, ma, nonostante tutto, restano più legati degli italiani agli ideali comunitari, come confermerebbe un sondaggio condotto in questi giorni. Eppure la calma piatta che si respirava ieri ad Atene è solo apparente: è la classica quiete prima della tempesta-bis . Nessuno sa cosa succederà domani, che futuro ci potrà essere per un Paese dove sono spariti i ceti moderati e la lotta politica si è radicalizzata tra le frange estreme di sinistra e di destra. Che avvenire si può immaginare con una buona fetta della popolazione, occupata nel settore pubblico, che ha visto, anno dopo anno, drasticamente decurtati i propri stipendi, senza contare gli ottocentomila cittadini che rischiano di perdere l’assistenza sanitaria dello Stato? Gli equilibri sono davvero molto precari e tutto rischia di riesplodere prima dell’autunno quando si andrà nuovamente alle urne. Il fatto è che la lezione degli ultimi quattro anni non è servita proprio a niente e a nessuno.

BASTA rileggere un articolo del 2011 dell’autorevole giornale tedesco “Der Spiegel” che dava, ormai, come scontata l’intenzione del governo Papandreou, allora in carica, di lasciare l’euro per tornare alla dracma. Tanti allarmi, ma nulla di concreto è stato fatto da parte dell’Europa, al di là dei soliti finanziamenti-tampone: a prescindere dagli evidenti errori di Atene, sconcerta una così lunga miopia di Bruxelles che non ha mai affrontato l’emergenza alla radice.

È VERO che l’attuale, drammatica, incertezza è stata favorita dall’atteggiamento dei falchi tedeschi decisi ad imporre un’Europa germanizzata, ma gli altri partner hanno finito per essere troppo proni ai “diktat” di Berlino, per di più incapaci di individuare positivi percorsi alternativi. Quattro anni fa, Lorenzo Bini Smaghi, membro italiano del precedente comitato esecutivo della Bce, metteva in guardia sui rischi di un contagio generale: tutto inutile. Allora erano stati individuati quattro Paesi a rischio – Portogallo, Irlanda, la stessa Grecia e la Spagna – che, dalle iniziali degli Stati coinvolti, vennero chiamati “PIGS”: oggi, dobbiamo aggiungere certamente l’Italia che, forse, dopo la sindrome greca, è quella messa peggio tra le nazioni più grandi. “Spezzeremo le reni alla Grecia”: la profezia che non riuscì, oltre settanta anni fa, a Mussolini, rischia, adesso, di essere messa in pratica dall’Europa intera, davvero troppo succube degli “sturm und drang” tedeschi. [email protected]