Le mie prigioni domiciliari

DA PICCOLO, mi ero appassionato alle vicende del famigerato Spielberg, dove trovarono ospitalità due grandi patrioti del Risorgimento, Silvio Pellico e Piero Maroncelli. Da grande, ho sempre seguito le vicissitudini delle nostre prigioni: se, in Europa, la situazione carceraria, in tutti questi anni, è nettamente migliorata, in Italia il quadro si è, invece, irrimediabilmente deteriorato, tanto […]

DA PICCOLO, mi ero appassionato alle vicende del famigerato Spielberg, dove trovarono ospitalità due grandi patrioti del Risorgimento, Silvio Pellico e Piero Maroncelli. Da grande, ho sempre seguito le vicissitudini delle nostre prigioni: se, in Europa, la situazione carceraria, in tutti questi anni, è nettamente migliorata, in Italia il quadro si è, invece, irrimediabilmente deteriorato, tanto che qualche giornale estero ci ha definiti un Paese da Terzo Mondo dietro le sbarre.

NELLA MIA FUGACE esperienza romana, con delegazioni parlamentari ho visitato molti penitenziari per  verificare lo stato dei detenuti: in Emilia come in Lombardia, in Toscana come nel Lazio e in Abruzzo, il bilancio è stato desolante, sovraffollamento, degrado, condizioni igieniche pessime. Se l’Italia è nel ventunesimo secolo, nelle carceri siamo ancora all’anno zero. Sentiamo sempre autorevoli ministri  annunciare che si volterà pagina senza dover ricorrere a nuove amnistie per fare sloggiare un po’ di ospiti, ma promesse e impegni solenni sono restati, quasi sempre, lettera morta.

È bastato, però, un flash di agenzia di stampa per mettermi in crisi. A Milano, un uomo agli arresti domiciliari, è “evaso” da casa sua  per costituirsi in commissariato e farsi arrestare. Agli agenti, sbigottiti, ha dichiarato: «Meglio la prigione, che vivere con mia sorella». E tutte le mie certezze sono cadute.

giancarlo.mazzuca@ilgiorno.net