HO ASCOLTATO, l’altra sera, il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, davanti ad un esclusivo pubblico rotariano, pronunciare, per la prima volta dopo cinque anni, più volte, la parola “speranza”: possiamo, davvero e finalmente, voltare pagina con l’ottimismo della ragione e della volontà. Il “numero uno” dei banchieri italiani è stato chiaro: in questa lunghissima stagione di crisi, nel Belpaese ci sono stati morti e feriti, ma non si è registrata la devastazione di un altro ’29. Non ci sono stati crac bancari, come negli Stati Uniti o in Inghilterra, non ci sono stati interventi d’emergenza dell’Europa per impedire che la nave tricolore affondasse. Siamo rimasti a galla, nonostante tutto. Oggi, i segnali d’inversione, dopo tanti mesi fallimentari, con il ritorno dello spread a “quota 200”, sono indici di una buona ripartenza, ma bisogna fare di più. È il momento di allacciare le cinture e di tornare in pista, forti delle nostre capacità. Ad un patto, però: è necessario cambiare il nostro modello di sviluppo. Basta con la finanziarizzazione spinta del mondo produttivo, basta con i “tycoons” d’assalto, basta con il credito troppo facile.

BISOGNA RICOMINCIARE puntando esclusivamente sull’etica e sull’efficienza, a partire da quei capitani coraggiosi delle imprese sopravvissute che dovranno adottare comportamenti virtuosi, troppo spesso trascurati, non solo dal mondo politico. Se, all’inizio del Duemila, la parola d’ordine nei Paesi industrializzati era investire a tutti i costi e in tutti i campi – facendo, spesso, profitti drogati per colpa di un management all’americana nutrito a colpi di bonus e di premi aziendali – oggi occorre dire basta alla finanza allegra e puntare, piuttosto, su quei valori (serietà, rigore, austerità) smarriti dalla moda imperante degli “yuppies”. La scommessa dei prossimi mesi, al di là dei numeri, è tutta qui.

PENSO ANCH’IO che la ripresa economica, più che dalle aride cifre delle statistiche, potrà essere misurata, soprattutto, dal salto di qualità compiuto dal mondo imprenditoriale, cioè dal cambio di passo e di mentalità dei manager.
Parole fumose? Potrebbero sembrare, ma non è così. Il messaggio lanciato da Patuelli non è la solita filippica che abbiamo ascoltato spesso, negli ultimi tempi, a cominciare dal Palazzo dove ho conosciuto molti personaggi che predicano bene, ma razzolano male. È qualcosa di più: è il ritorno ai valori fondamentali dell’etica che sono stati trascurati negli ultimi decenni. Così come l’Europa resta l’unico faro per un’Italia che rischia di rimanere fagocitata da Paesi del Mediterraneo sempre più isolazionisti e preda del fanatismo religioso. Dunque coraggio: se la politica sta, ancora una volta, dimostrando di non essere capace di fare concreti passi avanti, possiamo provare a salvarci da soli.
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