HO CONOSCIUTO un paio di anni fa, durante una cena a casa di un comune amico a Roma, l’ambasciatore italiano in India, Daniele Mancini, messo sotto accusa da alcuni giornali per essere andato ad omaggiare il candidato premier Narendra Modi. Proprio Modi viene considerato il più acerrimo nemico dei nostri due marò bloccati a New Delhi, in attesa di conoscere il loro destino giudiziario.

IL DIPLOMATICO italiano è stato crocifisso per aver fatto l’ “indiano”: per cercare di difendere i nostri interessi economici avrebbe fatto una specie di inciucio sulla pelle dei due militari. Posso testimoniare, invece, che Mancini non è uomo da pastette. Forse l’ambasciatore poteva risparmiarsi qualche sorriso di troppo con il leader nazionalista indù, ma l’ incontro è stato organizzato anche per cercare di salvare Girone e Latorre. L’arte della diplomazia ha regole precise che non tengono conto degli stati d’animo. Credo, quindi, che l’incontro di Mancini possa essere giustificato almeno in parte, in nome degli interessi nazionali. E, comunque, non possiamo neppure dimenticare  il “made In Italy”:  già è andata male la vicenda della tangente per i 12 elicotteri di Agusta Westland, poi c’è il caso della Franco Tosi, la storica azienda di Legnano, in amministrazione controllata, che un gruppo indiano sta mettendo definitivamente “out”. Prima di “giustiziare” il nostro diplomatico in modo così sbrigativo, una messa a punto su tutta la nostra strategia con la grande India sarebbe, dunque, d’obbligo.
giancarlo.mazzuca@il giorno.net