La sindrome della Scala

QUANDO tornava a Cesenatico, mi piaceva ascoltare Alberto Zaccheroni, allenatore della squadra di calcio giapponese, che raccontava i giorni spaventosi del terremoto di Fukushima, da lui vissuti in diretta. Era appena arrivato a Tokyo e quella drammatica esperienza l’aveva, giustamente, molto colpito. Subito dopo il sisma, però, come tutti i coraggiosi cittadini del Sol Levante, […]

QUANDO tornava a Cesenatico, mi piaceva ascoltare Alberto Zaccheroni, allenatore della squadra di calcio giapponese, che raccontava i giorni spaventosi del terremoto di Fukushima, da lui vissuti in diretta. Era appena arrivato a Tokyo e quella drammatica esperienza l’aveva, giustamente, molto colpito. Subito dopo il sisma, però, come tutti i coraggiosi cittadini del Sol Levante, è tornato alla normalità e da allora, ha pensato solo al suo lavoro e alla squadra. Con ottimi risultati, peraltro, considerando la vittoria nella Coppa d’Asia. Posso, quindi, immaginare il sorriso ironico di Zac alla notizia che 58 coristi della Scala non vorrebbero partire per una tournée in Estremo Oriente. Motivo ufficiale del rifiuto? Paura della radioattività, dopo il blackout di Fukushima. I nostri eroi hanno persino preso carta e penna chiedendo rassicurazioni pure all’Oms. A questo punto, ho maturato una convinzione: più che la centrale, è, oggi, in allarme rosso l’orchestra milanese che rischia di andare in tilt. Con possibili fuoriuscite.

giancarlo.mazzuca@ilgiorno.net