La sfida di Draghi

PER ANNI è stato il baluardo più solido contro lo strapotere della Germania nel club dell’euro: Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea, la Bce, è stato per tutti noi una specie di angelo custode. Tanto solido, l’italiano di Francoforte, che  molti l’hanno visto come possibile presidente del Consiglio di un governo tecnico o seduto, magari, […]

PER ANNI è stato il baluardo più solido contro lo strapotere della Germania nel club dell’euro: Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea, la Bce, è stato per tutti noi una specie di angelo custode. Tanto solido, l’italiano di Francoforte, che  molti l’hanno visto come possibile presidente del Consiglio di un governo tecnico o seduto, magari, sulla poltrona più alta del Quirinale quando Giorgio Napolitano ha tolto l’incomodo. E, in effetti, l’ex governatore di Bankitalia è stato il miglior garante dei Paesi più deboli, a cominciare ovviamente dalla Grecia, quando la crisi sembrava non risparmiare nessuno tranne i tedeschi uber alles. In questi anni l’istituto centrale europeo, ha, così, iniettato fiumi di liquidità che, bene o male, hanno consentito alla corazzata Potëmkin della moneta comune di non affondare. Uno sforzo enorme che cominciava a dare i primi risultati con la ripresa che sembrava, finalmente, più di una speranza.

MA IL ROMANO de Roma, e  noi con lui, non ha fatto i conti con i kamikaze dell’Isis che rischiano adesso di uccidere anche i primi vagiti di un’economia pronta a voltare pagina, nonostante i nuvoloni neri che si stanno addensando sui cieli sbiaditi dell’Europa. Per tamponare le falle, Draghi è stato costretto a ricaricare le armi appena usate con la proroga di sei mesi, dal settembre 2016 fino al marzo 2017, dell’acquisto di titoli pubblici, il Quantitative easing. Una misura che conferma come la locomotiva abbia già perso colpi: i mercati l’hanno ritenuta insufficiente tanto che le Borse, come primissima reazione, hanno bruciato, solo giovedì scorso, 250 miliardi.

LA BCE ha deciso di acquistare bond emessi da Comuni e Regioni, una mole gigantesca di debito. Una manovra necessaria, tranne un particolare: secondo i primi resoconti,  la parte del leone dovrebbero farla, ancora una volta, i Lander tedeschi mentre agli enti territoriali italiani sarebbero riservate solo le briciole. Se tale ripartizione venisse davvero confermata, cominceremmo a nutrire qualche dubbio sul nostro uomo che abbiamo sempre dipinto come un don Chisciotte o, meglio, come  un drago che combatte contro i mulini a vento delle divisioni tra ricchi e poveri nel club monetario del Vecchio Continente.  C’è stato già un Mario (Monti) finito anzitempo nella polvere dopo avere creato tante speranze ed illusioni.

NON VORREMMO ora che, al piano più alto dell’Eurotower, ci fosse un bis perché non c’è nulla di più deleterio che spegnere sul nascere le aspettative dei popoli. Draghi non deve abbandonare la retta via della crescita e delle pari opportunità tra i paesi membri: ancora una volta una sfida impossibile da giocare nelle gelide stanze degli euroburocrati. giancarlo.mazzuca@ilgiorno.net