Il Presidente della Confindustria, Giorgio Squinzi, ha trascorso alcuni giorni di meritato riposo sulla costa romagnola prima di fare tappa, ieri sera, a Reggio Emilia per vedere il “suo” Sassuolo. Se ci avete fatto caso, è da alcune settimane che si è trincerato dietro un rigoroso silenzio sui temi economici. Posso anche capire la sua laconicità: di questi tempi, gli italiani sono stufi di parole e bisognosi di fatti. Ma al di là di una certa forma di autocensura, un “no comment” così prolungato preoccupa parecchio: dà il senso di un malessere diffuso e del disagio degli imprenditori. Ho provato a mettere in un angolo Mister Mapei: ha risposto che è in procinto di esternare e, da quello che ho capito, saranno dichiarazioni di fuoco.

Non poteva essere diversamente. L’allarme sulla congiuntura è tale, che sarebbe da stolti sottovalutare l’emergenza. La ripresa non c’è, anzi siamo ripiombati in recessione e, a differenza di qualche mese fa, è tutta l’area dell’euro che ha messo il freno a mano rispetto al resto del mondo, tanto che gli euroscettici stanno diventando sempre più numerosi persino in Germania, il Paese che ha beneficiato di più dalla creazione della moneta unica.

ECCO PERCHÉ  molti economisti, messi male noi e non troppo allegri i tedeschi, non credono in un’esplosione dello spread, il differenziale tra i nostri titoli di Stato e i bund, come successe nell’autunno del 2011.

Ma, per certi versi, la situazione appare, oggi, ancora più drammatica, anche se il premier Renzi ha escluso la manovra d’autunno o i ritocchi alle pensioni paventati da tanti addetti ai lavori. La ragione è semplice: sono trascorsi tre anni e quasi tutte le misure a favore dei vari settori produttivi e dell’occupazione sono rimaste nel limbo dei sogni. Lo scenario è quasi grottesco se non fosse drammatico: il premier o il ministro di turno annunciano, di volta in volta, interventi per le aziende che esportano, riduzioni fiscali per abbassare il costo del lavoro, tagli nella pubblica amministrazione e nella burocrazia, misure ad hoc per rendere più snelle le procedure di assunzione, nuovi piani infrastrutturali per avviare le grandi opere. Parole che restano, però, nel deserto, promesse mai realizzate. Così, il debito pubblico è, nel frattempo, aumentato, i parametri di Maastricht non sono quasi mai stati rispettati, eppure sono continuamente chiesti nuovi sacrifici agli italiani nel nome di un’austerità che ci sta ammazzando.

IL BELPAESE è ormai diviso in due tronconi ben distinti: da una parte ci sono i rigoristi, che calano a vista d’occhio, dall’altra i sostenitori della crescita economica che continuano a salire di numero. Il fatto paradossale è che, finora, hanno prevalso i fautori dei conti in ordine, con il risultato che i “numeri” del disavanzo pubblico non sono affatto migliorati ma decisamente peggiorati. E allora? Tanti sacrifici per nulla… Non so cosa dirà, a breve, Squinzi (magari già la prossima settimana), ma credo che andrà giù pesante con il governo e non solo: qui si fa l’Italia, economicamente parlando, o si muore. Magari anche con decisioni impopolari che possono riguardare l’Europa.

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