La palla-gol di Expo 2015

MENO DUECENTO all’Expo. Domani una nuova pietra miliare nell’avvicinamento all’ora X, ma il grande ottimismo di un anno fa non c’è più. Tra un avviso di garanzia e l’altro, tra un dirigente da sostituire (a proposito, quando sarà nominato il nuovo responsabile di Padiglione Italia?) e un altro da puntellare, il count-down corre veloce, a […]

MENO DUECENTO all’Expo. Domani una nuova pietra miliare nell’avvicinamento all’ora X, ma il grande ottimismo di un anno fa non c’è più. Tra un avviso di garanzia e l’altro, tra un dirigente da sostituire (a proposito, quando sarà nominato il nuovo responsabile di Padiglione Italia?) e un altro da puntellare, il count-down corre veloce, a differenza dei lavori che vanno a rilento, nonostante i buoni propositi del commissario Sala. È ancora presto per dire che la prossima rassegna sarà davvero un’occasione mancata e spero tanto che, come in molti avvenimenti del passato, lo stellone italico ci assisterà, tanto da riuscire a recuperare, anche stavolta, in “zona Cesarini”. Certo che, leggendo le cronache della manifestazione universale del 1906 ospitata in una Milano proiettata nel nuovo secolo ruggente e nel futuro, mi rendo conto di quante aspettative in più creò quella “kermesse” rispetto alla prossima del 2015. Dirigibili, palloni aerostatici, macchine volanti, automobili, Art Noveau: tutto, di quella rassegna, era proiettato verso il progresso e le nuove tecnologie. 

QUANTE SPERANZE, quanti messaggi, quanto ottimismo dentro gli stand di quasi 110 anni fa. Oggi sembra, invece, tutto grigio e piatto: anche il tema-cardine dell’Expo, la piaga della fame nel mondo e tutti i problemi legati al sostentamento alimentare, non viene ancora affrontato come dovrebbe essere fatto a sei mesi dall’inaugurazione. Anche l’arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola, che all’argomento del cibo ha già dedicato un libro, è molto preoccupato per questa specie di lassismo. Sembriamo, tutti, preoccupati a prevedere quanti saranno i visitatori dell’Esposizione, ma quasi nessuno si sofferma veramente sui grandi messaggi che la rassegna dovrebbe lanciare e ogni cosa passa in sordina. Proprio ieri mi ha scritto un lettore del giornale che ha coniato un simpatico neologismo verbale: renzeremo. Con questo termine, si ironizza in modo bonario sul nostro premier che promette molto, illudendoci anche un po’, ma che, poi, anche per colpe non sue, non riesce a mantenere i propri impegni. In effetti, la grande differenza tra il governo Letta e quello del giovane Matteo, è che il sindaco d’Italia si espone, molto più del precedente esecutivo, nell’annunciare programmi che, spesso e volentieri, non è in grado di mettere in pratica. MI SEMBRA che, in questi tempi di crisi, Renzi abbia trovato, comunque, molti proseliti che ci fanno, ma solo a parole, lezioni sul futuro: non vorrei che pure l’Expo, dopo averci creato tante aspettative, si rivelasse una grande occasione mancata. Proprio perché siamo ancora alle prese con una recessione che si prolunga, ormai, da sette anni, non possiamo consentirci di sprecare le opportunità che ci offre una vetrina planetaria come l’Esposizione milanese. Quando l’Italia ottenne il via libera per ospitare l’Esposizione Universale del 2015, l’Europa non era ancora entrata nel tunnel della crisi e, in tal senso, la rassegna mondiale può anche essere una chance inaspettata per farci rivedere la luce della ripresa: non gettiamo al vento una simile palla-gol.