La mossa di Cavour

TUTTI PRESI dalla “prima” di Matteo Renzi, i giornali italiani rischiano di sottovalutare ciò che sta succedendo, in questi giorni, nell’ex impero sovietico, con la guerra civile che divampa in Ucraina e con l’invasione della Crimea da parte delle truppe russe di Putin. I fatti che stanno accadendo nei dintorni di Kiev rischiano di far diventare […]

TUTTI PRESI dalla “prima” di Matteo Renzi, i giornali italiani rischiano di sottovalutare ciò che sta succedendo, in questi giorni, nell’ex impero sovietico, con la guerra civile che divampa in Ucraina e con l’invasione della Crimea da parte delle truppe russe di Putin. I fatti che stanno accadendo nei dintorni di Kiev rischiano di far diventare l’intera Europa una immensa polveriera, con gravi ripercussioni a livello mondiale: non è un caso che il presidente americano Obama abbia già chiesto chiarimenti sulle ultime mosse di Mosca. Ma, al di là dei possibili strascichi, sono particolarmente preoccupato per le sorti della Crimea anche per i precedenti che ci legano in modo indissolubile alla storia di quella terra. Il nostro vero Risorgimento, dopo i moti del 1848 e la Prima Guerra d’Indipendenza, comincia, infatti, proprio in quella lontana penisola che s’affaccia sul Mar Nero.

LA GRANDE MOSSA di Camillo Benso conte di Cavour, primo ministro del Piccolo Regno di Sardegna, è stata quella di partecipare alla grande coalizione franco-inglese-turca contro i russi: anche allora il teatro della guerra fu la Crimea. Cosa c’entravano, allora, i piemontesi in mezzo a quello scontro epocale tra le potenze dell’Ottocento? Cosa c’entravano l’esercito di Vittorio Emanuele con l’assedio di Sebastopoli? All’apparenza, niente. Eppure la spedizione dei Savoia (tutti ricordiamo la vittoriosa battaglia della Cernaia, in cui si distinse il generale Alfonso Lamarmora, futuro presidente del Consiglio), conquistò una medaglia al merito: Cavour potè così sedere, l’anno dopo, alla conferenza di pace di Parigi e sollevare, davanti a tutti, la questione italiana. Risultato: Napoleone III si alleò nel 1859 con i piemontesi contro gli austriaci. Nel giro di poco, dopo la pace di Villafranca, si arrivava all’Unità d’Italia.

INSOMMA, quella mossa di Camillo si rivelò geniale perché i caduti in Crimea aprirono le porte alla nostra indipendenza. A più di 150 anni da quei fatti, la piccola penisola, che ha mantenuto un ruolo centrale nella nostra storia (la conferenza di pace del 1945, con Stalin e Roosevelt, e, sempre a Yalta, la morte di Togliatti nel 1964) è, ancora una volta, sul cratere di un vulcano, ma oggi non abbiamo davvero bisogno di una nuova guerra con successivo “summit” parigino.

P.S.: scrivendo su Cavour, mi è venuto in mente Matteo Renzi anche perché ogni attimo della giornata è scandito dalla sua voce e dalla sua immagine, ossessivamente cucinata da tutti i mass media. Proporre un confronto tra i due è grottesco, tanto più che Camillo fin dall’inizio, quando divenne ministro dell’Agricoltura del Regno di Sardegna, si dimostrò qualche gradino sopra tutti gli altri. Ma non poniamo limiti alla Provvidenza: ci basterebbe che il giovane toscano fosse, almeno, un piccolo Bettino Ricasoli, già sindaco di Firenze come lui e secondo presidente del Consiglio italiano dopo Cavour.

giancarlo.mazzuca@ilgiorno.net