PONTI  CHE SI SGRETOLANO, gallerie che si frantumano, scuole che crollano: nelle opere pubbliche siamo come quei pugili suonati che non riescono neppure a rialzarsi dopo la fatidica conta fino a dieci. Gli appalti sono inversamente proporzionali alla riuscita delle commesse da eseguire: i primi si gonfiano, le seconde si sciolgono come neve al sole. Ormai i viadotti che sprofondano al Sud hanno cadenza settimanale e non è mai troppo tardi per certe dimissioni come quella, annunciata l’altra sera, del presidente dell’Anas Ciucci.   Ma al di là di eventuali responsabilità mi sorprende come i cittadini possano vivere sempre tra ritardi od omissioni. È il caso dell’Expo che sarà inaugurato ufficialmente tra quindici giorni con i cantieri ancora aperti: noi italiani siamo bravi a recuperare il terreno perduto e, sul filo di lana, capaci di bruciare l’avversario tempo, ma per i miracoli non siamo ancora attrezzati. Non siamo riusciti a mettere una pezza sui viadotti in Sicilia, non possiamo pretendere che in Lombardia, davanti agli occhi del mondo, si conquisti un bel voto, visti i disastrati antefatti. A questo punto, sono sincero, farei salti di gioia se al termine della manifestazione, l’insufficienza che ci beccheremo il primo maggio possa trasformarsi almeno in un 7 il prossimo 31 ottobre. Speriamo nella Madonnina, farà il miracolo?

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