RICORDO le Cernobbio dello studio Ambrosetti di tanti anni fa: passerelle dove gli economisti dal sangue blu discettavano su come va il mondo. Grandi affreschi, scenari globali, ottimismo tra un “breakfast” e l’altro. Leggendo, adesso, le cronache dell’appuntamento 2014 si tocca con mano la crisi, che si riflette nel pessimismo generale degli addetti ai lavori e nella mancanza di fiducia sul domani: proiezioni economiche con il fiato corto, volti rabbuiati, interventi anche di basso profilo. In effetti, i banchieri, gli uomini di finanza, l’argenteria buona degli imprenditori e i grandi professori sono le prime vittime di questo clima che ricorda tanto il decadentismo. Un declino sanzionato, in modo quasi brutale, dal premier Renzi che ha deciso di disertare ieri i lavori sul lago per andare a trovare gli eredi, quelli che restano, dei tanti sciur Brambilla nel Bresciano. E, fatto da sottolineare, il sindaco d’Italia è approdato alle Rubinetterie Bresciane in compagnia del presidente della Confindustria, Giorgio Squinzi, dopo diversi mesi di gelo reciproco. 

UN SEGNALE ben preciso: con questa scelta, il presidente del Consiglio vuole dimostrare chiaramente il voler optare per l’economia reale, l’economia che produce e dà lavoro. Non è più il momento delle somme discettazioni, delle proiezioni  econometriche troppo sofisticate e neppure delle barricate per difendere antichi privilegi, ormai superati dall’emergenza. Bisogna voltare pagina, anche perché tutti i guru e i vari soloni che presenziano alle tante Davos in giro per il mondo hanno sbagliato tutte le previsioni e le stime dal 2008 ad oggi. Diciamo la verità: se è vero, come diceva Leo Longanesi, che tutti tengono famiglia, molti non riescono neppure a mantenerla e a sbarcare il lunario, tra disoccupazione dilagante, aumenti dei salari che si dissolvono nel nulla e carichi fiscali che sono, invece, sempre più incombenti.

A QUESTO PUNTO, non se ne può più delle chiacchiere da salotto buono e di quegli economisti che, per tutto questo tempo, hanno continuato ad illuderci su una ripresa che non c’era. Bene ha fatto, quindi, Renzi a puntare sulla razza padana che produce: bisogna rimboccarsi le maniche per cercare di raddrizzare, finalmente, la situazione. E anche il governo non può limitarsi alle sole esternazioni: subito, quindi, quelle misure – dagli aiuti per l’export, agli sgravi fiscali per le aziende che assumono giovani, da una maggiore elasticità nei contratti di lavoro a una lotta più efficace alla burocrazia – che dovrebbero consentire il rilancio del ‘made in italy’. Altrimenti chiudiamo baracca e burattini e ognuno per sé.

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