La forza del ricordo

LA MEMORIA non è solo un piacere, quel dolce languore che ti prende quando si sono lasciati alle spalle gli anni belli della giovinezza. Memoria è un dovere. Ricordare. Non dimenticare. È questo lo spirito delle pagine che Il Giorno propone oggi ai suoi lettori. Nel ricordo, nel nome delle vittime della strage di piazza […]

LA MEMORIA non è solo un piacere, quel dolce languore che ti prende quando si sono lasciati alle spalle gli anni belli della giovinezza. Memoria è un dovere. Ricordare. Non dimenticare. È questo lo spirito delle pagine che

Il Giorno propone oggi ai suoi lettori. Nel ricordo, nel nome delle vittime della strage di piazza

della Loggia a Brescia.

Quarant’anni di indagini, depistaggi, processi fatti e rimandati al luogo di provenienza, fermi e ripartenze. Giustizia lunga e costosa. La possibile verità (parziale anche questa) sugli esecutori materiali faticosamente acquisita e racchiusa negli atti, centinaia di migliaia di pagine raccolte in faldoni e fascicoli. Il vuoto, la palude delle nebbie e della incertezza ogni volta che si è tentato di compiere il salto di qualità per arrivare ai mandanti.

Non possiamo certo prevedere quale sarà l’esito del processo d’appello (l’ennesimo) e siamo fermamente convinti che nessuno possa atteggiarsi a giudice sostituendosi a chi è chiamato a farlo. Ma come cittadini di questo Stato, di una Italia che amiamo nonostante le amarezze e le disillusioni che non ci ha risparmiato, non accettiamo, non vogliamo accettare che il nostro sia il Paese dell’Impunità. Ecco allora che il nuovo processo deve essere considerato, prima che una occasione di condannare o assolvere, una possibilità (forse l’ultima) per cercare la verità. E di farlo pubblicamente. Davanti agli occhi di tutti. Soprattutto a quelli dei tanti che hanno sofferto.

Le famiglie delle otto vittime non hanno mai smesso di portare avanti una sorta di guerra punica per ottenere la verità. Il tempo ha imbiancato i loro capelli, segnato i volti, non ha fiaccato la volontà di giustizia. Vorremmo abbracciarli. E non possiamo. Vorremmo salutarli ad uno ad uno. Neppure questo è possibile. Possiamo però dedicare qualche verso di una poesia-preghiera di Padre Giacomo Perico: «Se mi ami non piangere!/ Se tu conoscessi il mistero immenso del cielo dove ora vivo; se tu potessi vedere e sentire/ quello che io vedo e sento/ in questi orizzonti senza fine/ e in questa luce che tutto investe e penetra;/ tu non piangeresti se mi ami». E la conclusione: «Non piangere più se veramente mi ami!».

giancarlo.mazzuca@ilgiorno.net