LA RIFORMA del Senato, secondo il modello Renzi, rischia di diventare una specie di grande pateracchio: una medicina peggiore del male o, come si dice in un detto popolare, “péso el tacòn del buso”.

Intendiamoci, da tempo stiamo insistendo sulla necessità di abolire Palazzo Madama che è un doppione di Montecitorio con le due Camere che finiscono, quasi, per annullarsi a vicenda. Ma un conto è arrivare ad un’unica Assemblea nazionale, un altro paio di maniche prevedere, comunque, un Senato delle autonomie composto dai rappresentanti delle Regioni e degli enti locali e da altri, per ora, non ben identificati personaggi. Ho ascoltato, ieri in televisione, il senatore Gaetano Quagliariello, del Nuovo Centrodestra, e sono rimasto, a dir poco, a bocca aperta per l’improvvisazione con cui sta per essere varato un simile provvedimento.

Dunque, il nuovo organismo dovrebbe essere formato da duecento senatori, ma non è ancora chiaro se, questi, saranno eletti dal popolo o designati direttamente dalle amministrazioni locali. Sulle indennità, poi, buio assoluto. Sulla struttura di Palazzo Madama anche: cosa faranno, per esempio i tanti dipendenti che continuano a percepire stipendi elevati? Se resta tutto quasi come prima, dov’è il grande risparmio? Per non parlare poi dello scontro che, ieri, si è aperto con la seconda carica dello Stato, Pietro Grasso, che parla di “rischi democratici”. Da anni parliamo dell’abolizione del Senato, ma stiamo, oggi, per approdare ad un finto traguardo con una soluzione abborracciata e inutile. La riforma sembra, così, essere solo la classica foglia di fico sull’onda dell’antipolitica dilagante: una riflessione più articolata è indispensabile.
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